Alla fine, come prevedibile, Brexit si è abbattuta come un uragano sulla politica britannica, e le elezioni europee lo hanno certificato.
Il Regno Unito si è trovato a partecipare a queste elezioni, cui non avrebbe dovuto partecipare poiché la data fissata per l’uscita dalla Ue era prevista per lo scorso 31 marzo, dopo che a seguito di tre bocciature alla House of Commons dell’accordo di recesso e dopo che nessun’altra tra le proposte presentate aveva riscontrato la maggioranza dell’aula, l’unica soluzione percorribile era stata quella della proroga al 31 ottobre della data termine di Brexit con conseguente partecipazione del Regno Unito alle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo.
ELEZIONI UE COME UN REFERENDUM BREXIT
Come prevedibile, queste elezioni sono state interpretate dalle forze politiche, e dagli elettori, come un vero e proprio referendum su Brexit.
Il primo dato da evidenziare riguarda la forte sconfitta dei due principali partiti, i Conservatives e i Labour. Sia il partito di governo sia il principale partito di opposizione sono stati puniti dagli elettori perché, anche a causa delle proprie forti divisioni interne, non sono stati in grado di portare a compimento, in un modo o nell’altro, il percorso verso Brexit.
Tra i due, ad essere maggiormente punito, è stato il partito Conservative che ha affrontato questa campagna elettorale di fatto senza una leadership, con la premier Theresa May che ha annunciato le proprie dimissioni a partire dal 7 giugno, e con la corsa per la successione in pieno svolgimento.
Il risultato migliore, più alto delle già positive aspettative della vigilia, è stato raggiunto con oltre il 32 per cento dei consensi dal Brexit Party, il partito pro Brexit costituito alla vigilia delle elezioni da quel Nigel Farage che, con il successo ottenuto alla guida dello Ukip alle elezioni Europee del 2014, era stato determinante affinché l’allora premier Cameron si decidesse a concedere il referendum su Brexit che poi si tenne nel 2016.
E anche in questo caso la campagna elettorale di Farage è stata condotta secondo uno schema binario, sì o no a favore di Brexit, con i favorevoli ovviamente invitati a votare per il suo partito contro quanti, a Downing Street e a Westminster, in questi ultimi tre anni avrebbero invece tradito il mandato del referendum del 2016.
CRESCONO PERÒ I PARTITI PRO REMAIN
Ma se il Brexit Party è stato il più votato, al contempo sono fortemente cresciuti anche i partiti da sempre dichiaratamente pro Remain, i Lib Dem, i Verdi e l’Snp, che insieme hanno raccolto circa il 35 per cento dei consensi. Quello che accadrà adesso non è affatto scontato.
Di certo queste elezioni europee, poste come un vero e proprio referendum su Brexit, certificano quanto avevamo più volte sottolineato nel recente passato: il popolo britannico è fortemente diviso sul tema.
Il successo del Brexit Party spingerebbe verso un’accelerazione pro Brexit, anche con un possibile no-deal, ma altri fattori influiranno.
In primo luogo sarà importante capire chi sarà il successore di Theresa May. In questo momento l’ala dei brexiteers duri e puri sembra essere in vantaggio con Boris Johnson e Dominique Raab in rampa di lancio. Ma al contempo sarà da verificare la risposta del Labour a seguito della forte sconfitta in queste elezioni. Se fino ad ora la posizione di Jeremy Corbyn su Brexit era stata piuttosto ambigua, con unico dichiarato obiettivo quello di un ritorno ad elezioni generali, oggi, anche per far fronte alla possibilità che si scivoli verso una Hard Brexit, nel Labour potrebbe verosimilmente delinearsi un nuovo equilibrio con un sostegno ben più convinto ad un nuovo referendum per confermare o meno Brexit.
A BRUXELLES BREXIT IN PRIMO PIANO
Se le opzioni sul tavolo sul versante britannico vanno dal no-deal al nuovo referendum passando per l’approvazione di un nuovo accordo di recesso su basi sostanzialmente diverse da quello già bocciato, non sarà secondaria la posizione che nelle prossime settimane terrà Bruxelles.
Le elezioni ci consegnano, infatti, un quadro in cui i nazionalisti, pur ottenendo in diversi Paesi quali Italia e Francia risultati importanti, non sfondano nel complesso, con i popolari che sono ancora il primo partito al Parlamento europeo, i socialisti il secondo, e con un importante risultato degli europeisti dell’Alde.
Le nuove istituzioni europee porranno certamente la risoluzione di Brexit tra i primissimi punti della propria agenda. Anche alla luce dei risultati delle elezioni, è prevedibile che dal versante Ue non verranno chiusure preconcette verso proposte coerenti di modifica del Withdrawal Agreement in grado di completare Brexit, o di recederne, entro il termine di ottobre. Ancora una volta però la prima proposta dovrà venire da Londra. Le prossime ore, non appena chiuse le analisi sul voto, saranno già nuovamente decisive.