“Che lo si voglia chiamare progetto macroniano, centrista o moderato poco importa. Ciò che conta è che quello spazio politico esiste”. Il direttore del Foglio Claudio Cerasa non ha dubbi: presto o tardi – molto in questo senso dipenderà dai destini del governo gialloverde – nascerà una nuova forza che si andrà a posizionare al centro dello scacchiere politico. Uno scenario che, secondo il direttore del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara, sarebbe stato ulteriormente confermato dal voto dello scorso 26 maggio: “La sempre crescente astensione in Italia indica da un lato la disaffezione dell’elettorato nei confronti degli attuali partiti e dall’altro la richiesta di una alternativa credibile”.
Ma in che tempi potrebbe nascere questo nuovo soggetto? E chi eventualmente potrebbe farne parte? “Se si dovesse andare a votare in autunno” – ha argomentato Cerasa – “non potrebbe esserci il margine per nulla di strutturato. Ma non è escluso comunque che pure in questa ipotesi si possa tentare di mettere in piedi qualcosa di organizzato in maniera rapida e artificiale”.
Discorso diverso, invece, se la maggioranza di governo dovesse in qualche modo reggere, anche solo per pochi mesi, e arrivare al 2020: “In quel caso, l’operazione penso proprio che si farebbe. Un partito nuovo, complementare ma diverso dal Pd, i cui candidati alla guida sarebbero naturalmente Matteo Renzi e Carlo Calenda“.
Quindi, nonostante i due abbiano finora ripetutamente affermato di voler rimanere nel Pd, l’ipotesi che possano scegliere una strada diversa rimane calda. In particolare per l’ex presidente del Consiglio che, secondo alcuni rumors, avrebbe già in mente di annunciare la nascita di questa nuova forza politica in occasione della prossima Leopolda in programma il 18, il 19 e il 20 ottobre: “In questo scenario così fluido, in cui in pratica non si sa neppure cosa accadrà domani, mi pare assolutamente prematuro immaginare scenari da qui a ottobre. Tuttavia, quanto accaduto la scorsa Leopolda con la formazione dei comitati civici intorno al progetto renziano-bis, dimostra che qualcosa si sta muovendo”. Per ora, come ha scritto David Allegranti sul Foglio, ne sono stati creati più di 900: “Se l’orizzonte delle elezioni dovesse essere un voto nei primi mesi del 2020, è possibile che quella diventi un’occasione per testare l’opzione dei comitati civici renziani. Viceversa mi sembra complicato”.
Un soggetto politico – ha aggiunto Cerasa – con l’ambizione di diventare “il perno di una qualsiasi maggioranza alternativa a quella populista, sovranista e nazionalista. La domanda dell’elettorato c’è ma dobbiamo vedere se le opzioni che saranno messe in campo saranno in grado di soddisfarla”. Ma quanti voti potrebbe legittimamente aspirare a conquistare questo partito? “Tra l’8 e il 10%”, ha risposto il direttore del Foglio, secondo cui non è ancora chiaro se della partita faranno eventualmente parte gli esponenti più centristi di Forza Italia, ormai in piena crisi d’identità e di consensi, come Mara Carfagna o Paolo Romani: “E’ assolutamente presto per dirlo ma è da registrare con interesse la consapevolezza che va maturando tra gli azzurri. Forza Italia non va e finalmente hanno iniziato a capirlo”. Ecco allora l’idea di primarie aperte lanciata dallo stesso Romani dalle colonne del Foglio (qui una sua recente intervista a Formiche.net) e, dall’altra parte, il progetto di Giovanni Toti “di creare un soggetto diverso che possa rappresentare la gamba moderata al fianco della Lega”.
Prospettive fortemente condizionate, com’è ovvio che sia, dal futuro dell’esecutivo, tutt’ora in bilico tra crisi e sopravvivenza: “Il governo è finito, non ci sono dubbi su questo. Poi non escludo che lo si voglia tenere in vita imbalsamato. Ma penso si tratta di un’esperienza al capolinea”. Una convinzione neppure scalfita dall’accordo raggiunto ieri sullo Sblocca cantieri: “Il provvedimento andava fatto, punto e basta. Ma non per il governo, bensì per il Paese. Questo è un esecutivo degli affari correnti ormai. E anche un governo di questo tipo può prendere decisioni legate a scelte inevitabili più tecniche che politiche”.