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Le relazioni commerciali tra Usa e Ue traballano. Ma il loro destino potrebbe passare dall’Italia

Che le relazioni commerciali tra Donald Trump e l’Unione europea non siano mai state troppo cordiali, non è esattamente una novità. È dai tempi della campagna elettorale del 2016 che il magnate newyorchese accusa soprattutto la Germania di concorrenza sleale ai danni dell’economia statunitense con particolare riferimento al settore automobilistico. Una linea decisamente dura, portata principalmente avanti dal consigliere al Commercio del presidente americano, Peter Navarro: un colbertista di ferro, storicamente critico nei confronti tanto di Pechino quanto di Berlino.

USA-UE: LE INTENZIONI DELLA CASA BIANCA

Adesso, bisognerà capire quali saranno le reali intenzioni della Casa Bianca sul fronte europeo. Negli ultimissimi mesi, il contesto geopolitico e commerciale generale ha subìto non pochi mutamenti. Da una parte, la guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina si è radicalmente rinfocolata, nel nome di una escalation a suon di rappresaglie tariffarie. Dall’altra, nonostante le recenti tensioni con il Messico, il Congresso americano dovrebbe essere finalmente pronto a ratificare lo United States-Mexico-Canada Agreement: un’eventualità che, qualora si realizzasse, chiuderebbe l’ormai annoso contenzioso commerciale con Ottawa e Città del Messico. In questo quadro, le relazioni con Bruxelles traballano non poco. Per quanto, a ben vedere, è possibile che la Casa Bianca stia per il momento assumendo una posizione attendista, cercando di capire chi guiderà le istituzioni europee in seguito alle elezioni tenutesi lo scorso 26 maggio. Intanto, i dossier sul tavolo non sono pochi.

TUTTI I DOSSIER SUL TAVOLO

Innanzitutto, a maggio del 2018, l’amministrazione Trump ha annunciato l’imposizione di dazi sull’importazione di acciaio e alluminio da parte dell’Unione europea: una misura che ha spinto Bruxelles a notificare alla WTO i piani per comminare tariffe su 7,1 miliardi di dollari di esportazioni americane. In secondo luogo, un altro fronte spinoso riguarda il settore automobilistico: il presidente americano considera l’importazione di veicoli europei (soprattutto tedeschi) un pericolo per il sistema economico statunitense. Si tratta di un vecchio cavallo di battaglia del magnate che – non a caso – trova nella classe operaia impoverita di Stati industriali come il Michigan buona parte del proprio zoccolo duro elettorale. Bruxelles, dal canto suo, ha sempre rispedito al mittente la tesi secondo cui l’export europeo di automobili possa rappresentare un pericolo per la sicurezza nazionale americana. Il clima resta quindi teso e non esente da colpi di scena. Lo scorso maggio (quando sembrava ormai pronto a imporre dazi sulle auto di importazione europea e giapponese), il presidente statunitense ha corretto parzialmente il tiro, concedendo una dilazione di centottanta giorni. Una mossa a prima vista strana, che può avere tuttavia alcune spiegazioni: non solo è possibile che Trump – nel pieno del duello con Pechino – abbia voluto evitare di aprire un ulteriore fronte di scontro ma non è neppure escludibile che – come in parte accennato – la Casa Bianca voglia attendere il cambio dei vertici europei, prima di scegliere quale via seguire.

LA QUESTIONE AIRBUS

Infine, l’ultimo dossier sul tavolo riguarda la questione Airbus. Un paio di mesi fa, il presidente americano ha minacciato dazi su undici miliardi di prodotti (soprattutto alimentari) di importazione europea: una mossa che chiamerebbe direttamente in causa anche l’Italia, visto che nel mirino statunitense finirebbero, tra le altre cose, pecorino e prosecco. Nella fattispecie, Trump si sarebbe mosso in tal modo, per rispondere ai sussidi statali illegali che Airbus riceverebbe, determinando così una concorrenza sleale ai danni dell’americana Boeing. Bruxelles, dal canto suo, ha già approntato le proprie ritorsioni in risposta gli eventuali dazi di Trump, mettendo nel mirino circa venti miliardi di dollari di prodotti di importazione statunitense (dagli aeroplani alla frutta). Lo stesso commissario europeo al Commercio, Cecilia Malmstrom, si è mostrata alcuni giorni fa non poco pessimista sui rapporti con la Casa Bianca.

QUESTIONI DI GEOPOLITICA

Ciononostante alla base della mossa di Trump potrebbero celarsi anche motivazioni di natura geopolitica. Attaccare Airbus potrebbe costituire infatti un modo per assestare un colpo economico all’asse franco-tedesco: un asse che Trump non ha mai mostrato di amare più di tanto. È del resto chiaro che, da tempo, la Casa Bianca stia cercando di mettere i bastoni tra le ruote alla cancelliera tedesca, Angela Merkel, e al presidente francese, Emmanuel Macron. Un’avversione (politica e commerciale), manifestata anche dalla simpatia mostrata dal presidente americano verso il fronte sovranista europeo. Non sarà stato del resto un caso che, il mese scorso, Trump abbia ospitato alla Casa Bianca il premier ungherese, Viktor Orban. Senza poi dimenticare i recenti elogi pronunciati verso i leader britannici maggiormente critici di Bruxelles (da Boris Johnson e Nigel Farage). Segno di come, con ogni probabilità, l’astio antieuropeo di Trump sia diretto più verso Parigi e Berlino che verso l’Europa in sé. Il presidente americano vuole, insomma, assestare un colpo ai suoi atavici nemici e sta contemporaneamente aspettando di capire se la nuova governance dell’Unione europea possa rappresentare un interlocutore maggiormente amichevole verso lo Zio Sam. In tal senso, bisognerà capire anche quale sarà il ruolo dell’Italia: non è infatti un mistero che Roma stia cercando di aggiudicarsi un commissario economico, magari proprio al Commercio. E, nel caso si trattasse di un esponente della Lega, non sarebbe del tutto escludibile un miglioramento dei rapporti con la Casa Bianca. Non solo il Carroccio non ha mai nascosto una profonda simpatia per Trump ma Matteo Salvini si sta anche accingendo ad intraprendere un viaggio a Washington, proprio per cercare una sponda politica negli Stati Uniti.

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