Se è vero quel che diceva Tancredi, “se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, dovrebbe far riflettere il fatto che il congresso dell’Udc non sancirà nessun particolare cambiamento. Le conferme saranno maggiori delle sorprese: Cesa resterà segretario del partito e Buttiglione presidente. Mai fidarsi delle apparenze e infatti la regola del Gattopardo potrebbe conoscere il suo rovescio proprio nell’assise centrista. Questo terzo congresso (i precedenti nel 2002 e nel 2005) è destinato a produrre cambiamenti che vanno ben al di là degli organigramma. In gioco non c’è il lancio di una candidatura terzista: le elezioni non sono dietro l’angolo e sarebbe ingenuo pensare che Casini assuma oggi, in questo quadro di incertezza, una decisione definitiva così delicata. Il tema non potrà neppure essere il referendum su Berlusconi: poteva aver senso quando il Cav. era al governo, certamente non ora che è all’opposizione di un esecutivo di rara impopolarità. La sfida del partito centrista è di riuscire a offrire un progetto per il Paese. Gli elettori sono poco attratti dalle manovre di Palazzo. Non hanno una particolare predilezione per il dibattito sulla legge elettorale. Sono più interessati a sapere cosa la politica può fare per loro. E quindi, lavoro, welfare, ambiente, federalismo, pubblica amministrazione, tasse ma anche il posizionamento sulla politica estera e sulle grandi battaglie ideali (ormai legate quasi esclusivamente all’iniziativa della Chiesa). Ribadita ancora una volta la propria ferma opposizione al governo Prodi, il compito di Casini e di Cesa sarà quello di tracciare un percorso chiaro che dia identità e spessore ad una formazione politica che possa avere l’ambizione di superare il 10% alle prossime elezioni europee e quindi divenire polo di attrazione per il consenso dei moderati. Non è semplice. Nel partito di cui fa parte Tabacci, vi sono: Buttiglione che ha protetto i servizi pubblici locali, Giovanardi che si è alacremente battuto per la costituzione delle nuove province e Baccini che ha rinnovato il contratto degli statali con antesignana generosità. Insomma, come ogni movimento politico, anche nell’Udc si confrontano idee diverse, plurali per usare un eufemismo. Ma mentre i congressi dei Ds e di Margherita segneranno la permanenza di tutti gli equivoci e Forza Italia e An semplicemente non celebrano alcun congresso, l’Udc ha l’occasione di assumere un’iniziativa, un profilo identitario che non può più essere basato sull’antiberlusconismo o sulla rievocazione dei fasti dc. Il Cav. che ha digrignato i denti nei due precedenti congressi con Follini segretario probabilmente continuerà a soffrire. Casini e Cesa hanno l’opportunità per risparmiargli inutili aggressioni ma rilanciare su un progetto forte e innovativo, che tenga conto dell’esperienza berlusconiana (come trascurare il suo consenso per oltre dieci anni?) ma riesca ad andare oltre. Questa, senza che nulla cambi, potrebbe essere una moderata rivoluzione.
L’Udc va a congresso, ma questa volta l’antiberlusconismo non basta
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