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Alta tensione nel Golfo Persico. Il rischio escalation tra le fiamme di due petroliere

Due petroliere sono state colpite da sospetti attacchi/sabotaggi nel Golfo dell’Oman, area cruciale del Golfo Persico in cui il promontorio degli Emirati Arabi si allunga verso l’Iran e forma lo Stretto di Hormuz. Un fatto analogo era avvenuto esattamente un mese fa poco più nord, davanti al porto emiratino di Fujairah: in quel caso, le ricostruzioni indicavano sabotaggi di tipo sofisticato, per cui gli americani hanno incolpato l’Iran.

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(Infografica del Guardian)

La Quinta Flotta americana, di stanza in Bahrein, è intervenuta dopo la richiesta di soccorso della petroliera panamense “Kokuka Courageous” e della “Front Altair”, battente bandiera delle Isole Marshall. I marinai americani hanno evacuato parte del personale di bordo. La “USS Bainbridge” — che era vicina all’area dove viaggiava la Kokuka — ha tratto in salvo 21 membri evacuati. Un P-8 americano pattuglia la zona da ore, ha ricevuto rifornimento aereo e continua a scandagliare il tratto di mare dove si trovano i due supertanker. Scopo doppio: supervisione sui soccorsi e raccolta informazioni.

Sulle navi, già dalle immagini trasmesse da alcune emittenti iraniane (non sempre affidabili perché spesso utilizzano le proprie diffusioni per carattere propagandistico), le fiamme hanno dilagato rapidamente.

La Front Altair stava trasportando nafta per la CPC, azienda petrolifera statale di Taiwan, quando – secondo alcune fonti sentite dai media internazionali a Taipei – “è stata colpita da un siluro”. I media iraniani riportavano che la nave fosse affondata, la norvegese Frontline, il più grande operatore per il trasporto petrolifero del mondo che ne è proprietario, ha smentito. La Kokuka invece era in viaggio dall’Arabia Saudita verso Singapore, e sarebbe stata colpita sopra la linea di galleggiamento, pare per due volte nel giro di tre ore, secondo quanto dichiarato al Guardian dalla Bernhard Schulte Shipmanagement, società tedesca basata a Singapore (che gestiva la transazione). La nave, di proprietà della Kokuka Sangyo, è al sicuro e a galla. Una quarantina di membri dell’equipaggio sarebbero stati evacuati e trasportati in Iran da alcune unità di soccorso, secondo quanto dichiarato dal governo di Teheran.

La situazione nel Golfo Persico è molto delicata. Gli Stati Uniti da circa un mese hanno notevolmente aumentato la propria presenza militare perché hanno ricevuto informazioni di intelligence a proposito della possibilità che gli iraniani, attraverso forze proxy regionali, intendano compiere attacchi contro gli interessi degli americani e dei loro alleati, in rappresaglia per la politica di massima pressione che l’amministrazione Trump sta portando avanti contro Teheran (dove il governo ha una linea più moderata, contro cui l’ala armata del potere teocratico, rappresentata dai Guardiani, lavora subdolamente).

Quanto avvenuto oggi succede mentre il primo ministro giapponese, Shinzō Abe, sta tenendo colloqui con la leadership iraniana a Teheran nel tentativo di trovare una base per aprire un nuovo dialogo tra Stati Uniti e Iran. Il ministero del commercio giapponese ha detto che le due petroliere coinvolte negli incidenti di giovedì trasportavano merci “legate al Giappone”, senza specificare altro.

Per due volte, due diverse fonti dal Pentagono, hanno anticipato anonimamente ai reporter di CBS News, Voice of America e Bloomberg che tra i primi dati raccolti ci sarebbero diverse indicazioni che possono far pensare che dietro agli attacchi alle due navi ci sia l’Iran. Gli americani dicono confidenzialmente di essere già a conoscenza dei responsabili, e indicano che a compiere l’azione simultanea è stato un “attore statale” (evidentemente hanno prove sull’utilizzo di mezzo sofisticati per colpire le petroliere?).

 


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