La dura protesta di Hong Kong, la crisi della globalizzazione e l’avanzata dei movimenti sovranisti, questi sono solo alcuni dei temi di cui Formiche.net ha parlato con Alessandro Alfieri, membro della commissione Affari Esteri del Senato del Partito democratico, a margine dell’evento “Colloqui sulla democrazia” che si è tenuto ieri presso il Centro studi americani.
Onorevole, in questi giorni per le strade di Hong Kong si è accesa una dura protesta contro la proposta di legge sulle estradizioni in Cina. Ci potrebbe dare una lettura di questo fenomeno e cosa si rischia con l’esportazione del modello cinese anche in Italia, sotto forma di influenza economica?
Questa situazione non va assolutamente sottovalutata. Un conto è fare accordi commerciali, questi li fanno tutti i Paesi, altro conto è definire una cornice a livello europeo che ti tuteli rispetto al peso politico della Cina. Pechino mira a costruire un nuovo ordine internazionale a cui agganciarsi, infatti, la Cina controlla i principali stretti a livello mondiale da cui passano i maggiori flussi di merci. Tutto ciò perché mira a costruire un ordine internazionale alternativo a quello basato sull’Alleanza atlantica, un modello differente da quello degli Stati Uniti e dell’Europa, o a quello nel Pacifico con il Giappone e con l’Australia.
Parliamo invece della crisi della globalizzazione e la progressiva avanzata dei movimenti sovranisti e nazionalisti. Secondo lei, c’è un rapporto tra i due fenomeni?
Per quanto riguarda l’Italia, un approccio sovranista vuol dire andare contro i propri interessi nazionali. Noi siamo un paese che esporta tantissimo e la nostra possibilità di riprenderci economicamente passa attraverso l’aggancio della domanda internazionale. Dunque, abbiamo bisogno di una politica commerciale a livello europeo, una politica che abbia le spalle larghe al fine di contrastare le spinte protezionistiche degli Stati Uniti di Trump e della Cina di Xi. Noi abbiamo l’interesse che i dazi siano bassi, abbiamo l’interesse che all’interno dell’Unione Europea la gestione dei flussi migratori venga affrontata a livello comunitario al fine di renderla efficace. Da soli non andiamo da nessuna parte.
Come si pone l’Italia in questo contesto?
Quando Salvini, Di Maio e Conte vanno in Europa, la loro fortuna è che incontrano ancora qualche leader socialista che applica il principio di solidarietà, accettando di accogliere i rifugiati. Tuttavia, quando i rappresentati del governo vanno dai loro amici di Visegrad, il rischio è che alle richieste d’aiuto segua una riposta negativa. Inoltre, lo stesso vale per l’allentamento dei vincoli di bilancio, dove un Paese come il nostro, che possiede un alto debito e necessita di continue iniezioni in termini di risorse per fare investimenti e opere pubbliche, trovi invece una riposta negativa da parte degli alleati di Salvini. Ovvimente tutto ciò non riguarda solo i Paesi di Visegrad, ma penso anche all’Austria di Kurz. Si rischia che un sovranismo esagerato vada contro gli interessi dell’Italia che, al contrario, è un Paese inserito nella dimensione internazionale. L’Italia avrebbe bisogno di una situazione in cui, da una parte l’Europa e dall’altra la capacità di dazi bassi, possano agevolarla.
Come sappiamo l’Unione europea sta affrontando la sfida dei nazionalismi con un nuovo assetto all’interno del Parlamento europeo. Una situazione in cui le forze sovraniste si sono rafforzate, anche se non ancora maggioritarie. In questo contesto, è possibile un dialogo tra i gruppi tradizionali e quelli nuovi?
Mi sembra molto complicato e difficile perché sono due modi molto differenti d’intendere l’Europa. Il rischio dei Paesi sovranisti è l’isolamento, il quale rischia di far saltare la grande innovazione di un’organizzazione straordinaria come è stata l’esperienza dell’Unione europea, ovvero il principio di solidarietà e di mutuo soccorso, l’idea che alcune grandi sfide possano essere affrontate solamente insieme.
Ci può fare qualche esempio?
Ad esempio la lotta al terrorismo internazionale, la lotta alla criminalità organizzata la minaccia contro le sfide dal punto di vista della sicurezza e della stabilità, i cambiamenti climatici, così come l’uscita dalla crisi economica non possono essere affrontate con mere misure nazionali. Abbiamo bisogno di un peso maggiore a livello europeo. Questa è la dimensione minima per affrontare tutte le sfide che ci attendono.