Un’elezione chiave per il futuro della Turchia che, comunque vada, ha già dimostrato l’indebolimento del “sistema Erdogan”. Domenica la popolazione di Istanbul sceglierà il suo nuovo sindaco, dopo che elezioni dello scorso 31 marzo sono state dichiarate nulle, ufficialmente per irregolarità, ufficiosamente per le pressioni operate dal presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, che di fronte a un risultato generale deludente, le ha tentate tutte per non perdere anche Istanbul. La megalopoli sul Bosforo, è stata conquistata a sorpresa da Ekrem Imamoglu, anche se solo per poche migliaia di voti. Domenica, la giovane promessa della politica turca, cerca il suo riscatto e la sua consacrazione a primo cittadino. I sondaggi sono dalla sua, ma l’imprevisto è dietro l’angolo. Berk Esen, docente di scienze politiche alla prestigiosa università Bilkent di Ankara, ha spiegato a Formiche.net quale sia la posta in gioco e cosa ci si deve aspettare dopo questo voto.
Professor Esen, domenica si vota. Qual è la sua previsione?
Credo ci sarà un aumento dell’affluenza e contrariamente a quello che pensano molti, sarà in buona dose a favore di Imamoglu. La volta scorsa ha vinto a sorpresa credo che stavolta chi lo sostiene vorrà dargli anche una vittoria più netta. Credo possa arrivare anche a 5 punti di distacco.
Entrambi i candidati parlano di ‘elezione storica’ ci spiega perché sia così importante?
Direi per tre motivi. In primo luogo Istanbul è la città più popolosa del Paese, quindi è un ruolo di primo piano. In secondo luogo da qui è facile tentare una scalata al potere nazionale. In terzo luogo non ci dimentichiamo che Istanbul è una città dalle riserve e dalle potenzialità economiche enormi.
Quindi Erdogan torna al voto per perdere una seconda volta e anche peggio della prima? Roba da tirarsi la zappa sui piedi da solo…
Penso che abbia voluto vedere se gli riusciva la stessa impresa del 2015, quando le elezioni furono ripetute e lui riuscì a riguadagnare quasi 9 punti. Ma era un altro periodo. La condizione economica del Paese era diversa e anche l’Akp. Personalmente, vedo la macchina politica del partito un po’ inceppata.
Erdogan invece come lo vede?
In difficoltà. Ha capito che non ha più la popolarità di una volta e ha concentrato troppo l’azione politica sulla sua persona. C’è poi il dettaglio non trascurabile della crisi economica che attraversa il Paese e che sta avendo ripercussioni molto serie sulla vita di tanti e gli episodi di corruzione, da cui questo governo non è mai stato esente e che si fanno più sentire adesso che le cose vanno male.
Senta, ma se invece a sorpresa vince Yildirim, cosa succede?
Dipende da come vince. Se vince con un largo vantaggio e lo spoglio delle schede non avrà presentato criticità, allora il Chp non potrà dire niente. Ma se vince in modo risicato e con i dubbi della volta scorsa, beh allora credo che un bel po’ di gente scenderà in piazza. A ogni modo, mi faccia sottolineare una cosa. Anche se Yildirim vince in modo convincente ha poco da festeggiare, perché l’Akp ha perso una parte di controllo del territorio e Imamoglu ormai la sua sfida l’ha lanciata.
Saranno elezioni regolari secondo lei o dobbiamo aspettarci qualche sorpresa?
Io spero saranno elezioni regolari. Anche perché a Erdogan creare situazioni di tensione non aiuta proprio. Il Paese in questo momento non può assolutamente permettersi una situazione di instabilità interna. E anche con tutte le questioni che il presidente ha aperte in sede internazionale, soprattutto con gli Usa, non gli conviene proprio presentarsi all’estero con un Paese che rischia la guerra interna.
Parliamo un po’ di Imamoglu. Dicono che sia un conservatore, che idea si è fatto lei?
Io lo definirei un conservatore moderato, è un osservante, religioso, ma anche un laico convinto. Deve poi considerare che una parte del popolo turco, la maggior parte, è comunque conservatrice anche se laica. I più riformisti diciamo sono una minoranza quindi se vogliamo ben vedere Imamoglu in questo momento è l’elemento migliore che si possa contrapporre a Erdogan perché può pescare voti in differenti segmenti della società.