Forse nemmeno Mao Tze Tung, il teorico della grande confusione sotto il cielo, riuscirebbe a decifrare la complicata situazione italiana. Individuare un reale senso di marcia. Soprattutto capire come si dislocano le diverse forze in gioco. L’Italia è come uno di quei grandi malati, in cui tutti i valori clinici sono sballati. Difficile allora tentare una qualsiasi diagnosi. Figuriamoci una terapia. Questo deve essere stato il sentiment prevalente in Europa, all’indomani della lunga lettera del Presidente del consiglio, Giuseppe Conte.
LE COLPE DI CONTE
Ma come? Si saranno detti, invece, di porgere un ramoscello d’ulivo, in segno di pace, e cercare di dimostrare come una seconda exit, dopo quella britannica, colpirebbe al cuore l’intera Eurozona, ecco le accuse contro i principali Paesi membri. Gli stessi che dovrebbero poi emettere la sentenza. Altro che ricercare la benevolenza e comprensione della corte, come farebbe un qualsiasi buon avvocato, nel difendere un proprio cliente, già in odore di condanna. Conte ha invece cercato di mettere le dita negli occhi a Germania ed Olanda, accusate di presentare un surplus eccessivo con l’estero. Quindi, non contento, ha accusato Lussemburgo, Irlanda e di nuovo l’Olanda di dumping fiscale. Se c’era una benché minima disponibilità a non vedere i disastrati conti pubblici italiani, dopo quell’attacco anche le colombe hanno tirato fuori gli artigli.
QUESTIONE DI BON TON
Ed ecco allora un primo problema. Il mancato rispetto del normale bon ton istituzionale è stato solo un banale errore diplomatico. Oppure tutto rientra non diciamo in una strategia, ma in un’intenzione. Quella di chiudere, quanto prima, questa fase politica, per riportare lo scettro nelle mani del popolo sovrano? Si spiegherebbe così non solo l’eccessiva lunghezza della missiva, ma il tentativo di presentare l’Italia come la vittima sacrificale della cattiva Europa. Ed il fatto che non sia stato usato l’inglese per comunicare, la direbbe lunga sulle reali intenzioni. Un messaggio al popolo più che ai popoli d’Oltralpe.
TRA SALVINI E DI MAIO
Secondo problema. I contrastanti annunci dei due vicepremier. Uno dice bianco, l’altro dice nero. Il primo vuole la flat tax, come priorità. Il secondo il salario minimo ed una nuova legge sul conflitto di interessi. Salvini rilancia sul terreno delle autonomie differenziate. Di Maio si scopre garante del principio costituzionale (art. 5) “La Repubblica, una e indivisibile”. Piccole scaramucce: si potrebbe osservare. Se vi fosse una forte regia unitaria. Che invece manca. Con un ulteriore effetto destabilizzante. Sono in molti, tra le varie Cancellerie europee, che si chiedono: ma insomma con chi dobbiamo trattare? Il titolare effettivo dell’indirizzo politico, come prevede del resto la Costituzione italiana, è il Presidente del consiglio o sono altri?
PROCEDURA SIA
Terzo problema: il fronte interno. È così unito in difesa di una prospettiva univoca, che purtroppo non esiste? Oppure le contrapposte posizioni politiche dei due principali partner governativi riflettono le divisioni profonde dei rispettivi elettorati? Ma si è mai visto un Paese vincere una guerra, senza avere dalla sua almeno la maggioranza della popolazione? Di fronte a simili interrogativi, scattano meccanismi di auto conservazione. Nessuna discussione su regole codificate, per quanto “stupide”: il vecchio giudizio di Romano Prodi, quando era Presidente della Commissione europea. Meglio non creare un imbarazzante precedente: se procedura d’infrazione deve essere, che sia.
C’è da dire che l’Italia di Conte sta facendo ben poco per disinnescare la mina. L’idea dei mini-bot ha costretto Mario Draghi, che non si può certo ritenere un nemico, ad una durissima presa di posizione. Costringendo il suo sostenitore, Claudio Borghi, ad imbarazzanti capriole logiche. Oltre che finanziarie. Non contento è tornato alla carica ipotizzando un diretto commissariamento politico di Banca d’Italia. Vagheggiando il cosiddetto “modello tedesco” come se i due Paesi fossero uguali e vivessero la stessa avventura economica e finanziaria. Reazioni europee non ci sono state. Ma dubitiamo che la proposta sia stata salutata con brindisi e sventolii di bandiera. Nelle migliori delle ipotesi sarà stata interpretata come il tentativo di sfuggire alla reale natura dei problemi. Che sono poi quelli del prossimo negoziato sul rispetto della regola del debito.
LA MINA DI BATTISTA
Solo di contorno, infine, la violenta polemica esplosa tra Luigi Di Maio ed Alessandro Di Battista. Senza voler entrare minimamente nel merito, una nuova frattura che si forma all’interno di un Movimento già decimato dai recenti e ripetuti risultati elettorali. Un altro segnale di quella confusione di cui si diceva all’inizio. Se si sommano tutti gli scossoni ed i sommovimenti degli ultimi giorni, compresa il dibattito un po’ lunare sulla manovra correttiva, forse non sarà chiara la direzione di marcia decisa da ciascuno dei singoli protagonisti. Ma facile vedere, in controluce, il punto di caduta. Una situazione così sfilacciata, in un momento così difficile dal punto di vista internazionale, non può reggere. Ed allora le elezioni anticipate, seppure non volute o temute, rischiano di divenire inevitabili.