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Perché Conte ha Avvenire (e Salvini no)

La saggezza è una virtù. Altra cosa sono l’imprudenza e l’arroganza. Per di più esercitate su uomini che operano la carità. La lezione giunge oggi dalle pagine di Avvenire, il quotidiano diretto da Marco Tarquinio, che oggi ospita una lunga lettera del presidente del Consiglio Giuseppe Conte con cui il capo del governo raccoglie la sfida lanciata sulle colonne del quotidiano dei vescovi da Leonardo Becchetti ed Enrico Giovannini con l’iniziativa dei “Sabati per il futuro” dedicati ai giovani e alle loro famiglie per cambiare le abitudini di spesa.

“Un primo lodevole passo in direzione di iniziative concrete che chiamano noi tutti a misurarci con contributi altrettanto concreti”, scrive il premier impegnandosi a favorire scelte di consumo responsabile per salvare il pianeta che ricorda “noi non possediamo ma siamo chiamati a custodire”. Come? Innanzitutto attraverso un lavoro di squadra tra cittadini e istituzioni, lavorando per la riconversione dei nostri processi produttivi e per la transizione verso fonti energetiche rinnovabili in modo da rispettare gli obiettivi stabiliti dalla Agenda 2030 delle Nazioni Unite ed immaginando un piano di investimenti che protegga l’ambiente aiutando le nostre imprese a ripartire.

“Si tratta – scrive Conte – di recuperare quella simbiosi tra l’uomo e la sua casa comune” ricordando poi ampiamente i temi affrontatati da papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’:  “Le parole di questa enciclica rappresentano un contributo decisivo per districarsi nelle difficoltà che queste problematiche impongono. Lo spirito di iniziativa e la volontà dell’uomo, prima ancora che del politico, quella del padre che ha a cuore il mondo che abiteranno i figli dei suoi figli, sono la base su cui sprono la nostra squadra di governo a lavorare con crescente dedizione”, scrive Conte.

Parole molto riflessive, si direbbe, che suonano come musica in certi ambienti. Gli stessi però che non possono non notare l’irruenza con cui un altro rappresentante di spicco del governo gialloverde è solito esprimersi sui social. “Matteo Salvini cresce di voti, ma a quanto pare non ancora di saggezza”, tuona Tarquinio nel suo editoriale di oggi. “E pensa di farsi tranquillamente i ministeri degli altri, ma proprio tutti: i ministeri tipici della politica, che sono sinonimo di ‘potere’ e dovrebbero esserlo di ‘dovere’, tanto quanti i ministeri propri della comunità cristiana, che sono sinonimo di ‘servizio’”.

E se nel primo caso il direttore di Avvenire si riferisce alla convocazione dei sindacati ad opera del ministro dell’Interno di qualche giorno fa, con il secondo coglie l’occasione per porsi a difesa dell’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia che “aveva osato tendere una mano, anzi entrambe, agli esseri umani bloccati sulla imbarcazione umanitaria ‘Sea Watch’ al limite delle acque italiane e allo stesso ministro dell’Interno che in quella condizione li mantiene”. E Salvini che fa? “Con un irriflessivo messaggio via Facebook, ha deciso di farsi anche la carità degli altri, spiegando all’arcivescovo di Torino che cosa la Chiesa può permettersi nella sua azione per i poveri e che cosa non deve neppure azzardarsi a pensare”, racconta Tarquinio.

Ma perché Salvini si spingerebbe così tanto? “Per arrivare a dire una cosa del genere ci vogliono almeno due impazzimenti o, se volete, due deliberate rinunce a un po’ di buon senso. Prima di tutto ci vuole una notevole dose di imprudenza e una doppia impudenza. L’imprudenza è quella di chi si ritiene un ‘unto del signore’ e pensa addirittura di incarnare la legge. La prima impudenza è quella di chi mostra (o finge) di sapere poco o nulla della fede e della carità cristiana e però ne parla e ne straparla a sproposito. La seconda impudenza è di chi ‘sfida’ senza avere nemmeno lontanamente un’idea di che cosa sia e come viva la Chiesa di Torino”.

Ma ci vuole anche un bel po’ di arroganza. “Quella che porta il ministro a irridere (“dorma bene!”) anche il parroco di Lampedusa che trascorre notti all’aperto aspettando l’approdo di chi non ha tetto ed è sopra al mare. Quella che travolge quasi sempre i politici colpiti da improvvise e cospicue fortune elettorali e che ha già prodotto un sacco di guai al Paese”.

Attento Salvini “che l’arroganza – conclude Tarquinio – come certe fortune, prima o poi passa, ma i danni fatti restano e pesano sulla vita della gente”.



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