L’instabilità di enormi aree africane continua a essere fonte di preoccupazione per l’Europa e gli Stati Uniti. L’ultimo esempio arriva dalla Somalia dove è di 26 morti e 56 feriti il bilancio provvisorio dell’attentato di al Shabaab all’hotel Asaseys di Kismayo dopo il quale sono state necessarie 12 ore alle forze speciali somale per vincere la resistenza dei terroristi assediati nel complesso alberghiero. Tra le vittime ci sono anche due americani, un britannico e una canadese.
LA PREOCCUPAZIONE AMERICANA
La guerra contro il terrorismo in Somalia è una di quelle che sembrano non avere fine e certamente non l’avranno in tempi brevi. L’attenzione statunitense su quella nazione è altissima da molto tempo e, senza risalire ai decenni scorsi, il primo ordine esecutivo dell’allora presidente Barack Obama risale al 2010, anche se all’epoca il pericolo maggiore derivava dai frequenti atti di pirateria in mare che ormai sembrano esauriti. Da oltre 10 anni, infatti, è in corso la missione navale Eunavfor Somalia-Operazione Atalanta che secondo alcuni potrebbe essere rivista proprio per la quasi totale cessata emergenza: in questo momento l’Italia partecipa con la fregata Margottini.
ADDESTRAMENTO AI SOMALI
Il 10 aprile il presidente Donald Trump ha deciso la prosecuzione delle operazioni militari americane in Somalia mentre continuano i raid aerei per colpire le postazioni dell’Isis. Oggi sono circa 600 i militari statunitensi in gran parte utilizzati come addestratori delle forze somale, oltre ai quali sono certamente all’opera unità delle forze speciali che si dedicano a combattere gli estremisti di al Shabaab. L’aiuto americano ha come primo obiettivo l’addestramento e la fornitura di equipaggiamento per cinque brigate somale e a medio termine la costituzione di un vero esercito. L’Unione europea ha una missione in quell’area, l’Eutm Somalia, che da un anno è comandata dal generale Matteo Spreafico: anche la European Training Mission punta all’addestramento delle forze somale e l’Italia impiega al massimo 123 soldati e 20 mezzi.
L’ARRIVO DELL’ISIS
La preoccupazione internazionale è aumentata per l’arrivo di foreign fighter in fuga da Siria e Iraq che si stanno sistemando anche in Somalia oltre che in altre aree africane e per questo gli americani stanno intensificando i bombardamenti sui membri del Califfato. Due anni fa la Somalia firmò un accordo con Stati Uniti, Unione europea, Gran Bretagna, Nazioni unite e Unione africana al fine di replicare la vecchia missione Amisom dell’Unione africana con soldati propri e per questo, secondo il Soufan Center, gli americani si stanno concentrando sulla formazione di 3mila unità di forze speciali somale.
L’attentato compiuto da al Shabaab è solo l’ultimo esempio di quanto sia instabile e pericolosa per l’Europa la situazione in molte aree africane. Basti citare la guerra in corso nel Mali, dove la Francia è impegnata da anni, o il recente doppio attentato di kamikaze a Tunisi il 27 giugno, rivendicato dall’Isis. Aggiungere la Libia a questo elenco è banale, ma serve per ricordare che quanto avviene in Somalia è l’anello di una lunga catena che arriva fino a noi.