Chiede la buffer zone nel nord della Siria, ovviamente gestita dall’esercito turco, compra missili dai russi, come se la presenza di Ankara nella Nato fosse un mero particolare. L’ultima perla, solo in ordine di tempo, ce l’ha regalata ieri pomeriggio. Mentre tutto il mondo era impegnato a ricordare il 50mo anniversario dello sbarco dell’uomo sulla Luna, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, preferiva commemorare il 45mo anniversario di quello delle truppe turche sull’isola di Cipro. Con quella che fu a tutti gli effetti l’invasione di uno Stato si è scavato un solco che oggi, anziché ricomporsi, rischia di diventare ancora più profondo.
LA MINACCIA DI ERDOGAN
Il presidente Erdogan, infatti, ha dichiarato che, in caso di necessità, la Mezzaluna sarebbe di nuovo pronta a intervenire. “Chi pensa che la fortuna dell’isola e della regione appartenga solo a loro, se la vedrà con la determinazione dei turchi e dei turco-ciprioti”. Il riferimento, fin troppo chiaro, è ad Atene e alla parte grecofona dell’isola, che dopo aver subito un’invasione e la sostanziale colonizzazione di un terzo del proprio territorio, adesso vedono una parte delle loro acque territoriali pattugliate da navi turche, lì per compiere trivellazioni sui fondali del Mediterraneo e portare alla luce ingenti giacimenti di risorse naturali su cui in molti sono pronti a mettere le mani.
IL FATTORE ENERGIA
Così, quello nato come un problema etnico-religioso e per lungo tempo considerato da Bruxelles come una questione regionale, si è trasformato in un bubbone sul punto di scoppiare, alimentato dal combustibile potenzialmente più devastante di tutti: la guerra dell’energia. La Ue prima o poi sarà costretta a prendere una parte e, a meno che non si voglia ricadere definitivamente nella spirale dell’autolesionismo, la parte giusta è quella di difendere i propri interessi e la propria integrità territoriale dalla politica sempre più espansionistica e arrogante di Ankara e del suo presidente.
Il lettore più esigente obietterà sicuramente che il capitolo Cipro è un po’ più complesso di così per venire ridotto a queste poche righe. E io non potrei fare altro se non essere d’accordo con lui. Ma pur tenuto conto della politica scellerata di Makarios, degli errori, grossi, enormi, commessi dagli inglesi, per non parlare di quelli di Atene, non si deve dimenticare che, 45 anni fa, chi ha compiuto un atto offensivo, inviato 40mila coloni e dato vita a un precedente pericoloso per il futuro del Mediterraneo, è stata la Turchia.
L’EUROPA E LA TURCHIA
Bruxelles ci ha messo abbondantemente del suo, ammettendo, nel 2004, la parte greca nella Ue, continuando a ignorare le (illegittime) richieste della parte turcofona, la Kuzey Kıbrıs Türk Cumhuriyeti, la Repubblica turca di Cipro nord. La Ue, finché ha potuto, ha tirato a campare, cosa che con il capitolo Turchia le è sempre riuscito piuttosto bene. Il momento di prendere decisioni drastiche, però potrebbe essere più vicino del previsto e arriverà comunque un momento in cui non sarà più rimandabile.
Erdogan avrà molti difetti, ma fra questi non compare la mancanza di sincerità. Quello che vuole, lo dice da anni. Quello che potrebbe fare, ce lo sta dimostrando in queste settimane. Da anni afferma di voler ridiscutere il Trattato di Losanna, che scade nel 2023 e fra le cui conclusioni, c’è anche l’assegnazione della cittadinanza greca a molte isole di fronte alla Turchia. La Mezzaluna le reclama come sue, fa nulla se culturalmente, etnicamente e linguisticamente queste siano greche. Il motivo nazionalista e religioso non deve trarre in inganno. Alcuni di questi territori, fra cui l’isola di Kastellorizo, sono fondamentali per ridisegnare le acque territoriali e le zone economiche esclusive. Con tutto quello che ne deriva in fatto di diritti di pesca e, soprattutto, di sondaggio dei fondali alla ricerca di gas e petrolio.
MISSILI PER ANKARA
Adesso, il presidente, ha iniziato a mostrarci quello che può fare. Ha comprato 12 batterie di missili S-400 dai russi, irritando la Nato, ma soprattutto gli Usa. Da anni si fa beffe degli ammonimenti della Ue sui diritti umani e sulle possibili conseguenze delle sue politiche autoritarie. E ieri, fatto inedito, ha parlato esplicitamente di una seconda invasione di Cipro. Non dobbiamo dimenticare che tutto quello che Erdogan dice ha una precisa ricaduta interna e, in questo periodo in cui l’economia tentenna, solleticare il fin troppo infiammabile animo nazionalista turco è un buon metodo per fargli dimenticare le angustie quotidiane date dal carovita.
Ma il presidente va comunque fermato. Perché questa Turchia non ha le capacità per essere un role player al pari di Usa, Russia, Cina e, se funzionasse, Ue, ma ne ha tutte le ambizioni e soprattutto, non possedendo freni inibitori, è disposta a tutto pur di cercare di conseguire i suoi obiettivi. Lo ha dimostrato pienamente con la gestione scellerata della crisi siriana. È una Turchia, quella di oggi, che pur di riscattarsi agli occhi dell’Occidente, non esiterebbe a gettare nel fuoco tutto il Mediterraneo, cosa che in parte, ha già fatto.
Il guanto di sfida è pronto per essere rivolto alla parte settentrionale del bacino. Putin e Trump hanno indicato come si può tamponare un leader tropo esuberante, colpendolo nell’unica cosa che gli interessa: i soldi. Il contrasto a questa Turchia potrebbe essere il prossimo banco di prova per Bruxelles. Il più importante, perché al centro delle brame di Erdogan ci sono gli stessi interessi della Ue.