Una vicenda diventata ormai grottesca e insopportabile: l’autonomia fiscale regionale del lombardo-veneto. Continua la noiosa litania dei leghisti sul “noi produciamo di più, mandiamo più tasse a Roma e vogliamo invece che restino nelle nostre regioni”. Un ragionamento sgangherato e molto bizzarro, (quasi si stesse parlando di enti privati che devono dividere gli utili tra soci), funzionale solo ad appagare gli egoismi del Nord e a creare gratuitamente stress e divisioni tra gli italiani, per le vocianti, dirompenti, quanto inutili richieste dei leghisti, in testa Maroni, Salvini, Zaia.
L’Unità d’Italia è costata lutti, sangue, dolore, sofferenze, privazioni al Mezzogiorno: il potere piemontese ha imposto, talvolta con violenza, la sua forza, qualche storico addirittura sostiene che l’Unità sia stata una rapina consumata ai danni dei cittadini del Sud. Oggi con armi diverse, mutatis mutandis, si vorrebbe ripetere lo stesso misfatto da parte di alcune regioni del Nord contro i cittadini meridionali, appigliandosi a mo’ di giustificazione al dettato costituzionale: il Titolo V della Costituzione repubblicana. A tale proposito bisogna sottolineare che il suddetto capitolo della Costituzione non è quello varato dai padri costituenti, ma è il riformato del 2001 per volontà dei Democratici di Sinistra che con appena tre voti di scarto in Parlamento, e con solo dieci milioni di voti al referendum confermativo dell’ottobre dello stesso anno portarono a casa la nuova Costituzione. Era il tempo delle intemperanze leghiste che allora predicavano la secessione delle regioni del Nord, segnatamente Lombardia e Veneto.
I Ds o Pd, equivoco perenne della politica nazionale, per tenersi buoni Bossi e Maroni, escogitarono la riforma del titolo V della Costituzione in senso federalista. Scaturisce da questo malinteso la richiesta dell’autonomia da parte del lombardo-veneto e della Emilia-Romagna di origine comunista, poi diessina. Perché anche quest’ultima si è aggiunta alla altre due? Semplice: i veri ispiratori responsabili dell’autonomia sono stati gli ex-comunisti, che per tenersi buona la Lega cucinarono malamente una riforma che metteva a repentaglio l’unità della nazione con soli tre voti di scarto. La stessa musica è stata suonata prima del 4 marzo 2018 da Gentiloni e dal partito di Zingaretti, che hanno sottoscritto nottetempo l’accordo con la Lega, prevedendo l’approvazione di un semplice protocollo, per far partire come un rapido l’autonomia regionale fiscale, ignorando Parlamento, Regioni, cittadini.
Come in passato con Bossi anche oggi con Salvini è di scena l’egoismo arrogante e pericoloso della Lega sostenuto dal Pd. Il padano Maroni in una intervista rilasciata tempo fa a Libero, giornale notoriamente antimeridionalista, molto vicino alle posizioni politiche dei lumbard, sostiene in modo offensivo che i meridionali contestano l’autonomia finanziaria di Lombardia e Veneto, perché non vogliono perdere i loro privilegi. Quali? Invece, lui e i suoi compagni li vogliono accrescere, a danno degli italiani delle altre regioni. Bossi e i suoi, al grido del vergognoso slogan Roma ladrona, in passato hanno consumato copiose risorse sottratte agli italiani, per le loro azioni perverse: quote latte, falso federalismo fiscale, trasferimento di ministeri da Roma alla Lombardia, soldi scomparsi del finanziamento ai partiti, per non dire di affari oscuri con banche del Nord, e con i russi di Putin, degli scandali che hanno coinvolto Bossi e la sua famiglia. La storia non può essere dimenticata. E allora che Salvini viene a raccattare voti al Sud, al grido beffardo e truffaldino: prima gli italiani ha il sapore di un bluff, di una presa in giro di tanti meridionali. Cambiare semplicemente l’etichetta sulla bottiglia non si è credibili, è farsesco, perché si tratta sempre della stessa Lega di Bossi, Borghezio, Calderoli, Zaia e Maroni, che reclamano l’autonomia finanziaria delle loro regioni.
Le affermazioni, quindi, di Maroni sono da rimandare al mittente, figlie di un egoismo prepotente, squallido e razzista. La regressione culturale che guida questa forza politica limitata, localistica, senza orizzonte, priva di qualsiasi idea di Paese, non può pretendere di imporre i suoi disegni al resto degli italiani, sempre che sia possibile. Non a caso esperti di fama sostengono che l’autonomia finanziaria è materia costituzionale, quindi, sarebbe di certo oggetto di referendum popolare nazionale. Non c’è che da condividere.