Nove anni fa morì Francesco Cossiga, Presidente della Repubblica dal 1985 al 1992. Fu il presidente picconatore, fu il presidente di Gladio, il ministro del sequestro Moro, fu tante cose ma soprattutto una figura cruciale nella storia della Democrazia cristiana e del Paese. Oggi la crisi del governo gialloverde sembra quasi mettere in secondo piano la celebrazione di questo straordinario uomo delle istituzioni repubblicane. In realtà è proprio la crisi ad evidenziarne la sua capacità profetica e, al tempo stesso, il rimpianto per la sua assenza. A svolgere un ruolo encomiabile in termini di informazione e memoria è stata l’ agenzia stampa AdnKronos di Pippo Marra che di Cossiga è stato grande amico. Attraverso i suoi lanci possiamo ricordare le principali tappe dell’epopea politica dell’ex ministro dell’interno il cui cognome era scritto sui muri con il K ma anche i commenti di chi lo ha voluto ricordare, non senza avere lo sguardo sul dibattito politico di queste settimane.
BISIGNANI E IL MESSAGGIO A SALVINI
Lo scrittore Luigi Bisignani, che Cossiga ha conosciuto bene e che ha trascorso con lui in Sardegna i giorni immediatamente dopo le sue dimissioni da ministro dell’Interno, ha affidato all’AdnKronos diretta da Gian Marco Chiocci il suo ricordo. “Di Cossiga manca soprattutto la sua distruttiva semplicità nel leggere la politica fuori dagli schemi ed a capire come gli avvenimenti internazionali avrebbero condizionato l’Italia. Il muro di Berlino ieri, la guerra tra Usa e Cina oggi. Su questa crisi d’agosto Matteo Salvini avrebbe dovuto imparare la lezione di Cossiga sull’arte delle dimissioni. Si danno e non si annunciano perché altrimenti non si diventa più credibili. Cossiga ha fatto volontariamente e esemplarmente da ministro dell’Interno e da Presidente della Repubblica”, ha concluso Bisignani.
TREMONTI E LO SGUARDO SU SCENARIO INTERNAZIONALE
“Ricordo la sua straordinaria vivacità, la sua intelligenza. Certamente era una delle personalità più rilevanti sullo scenario internazionale”, come conferma “la sua intuizione sugli effetti politici della caduta del muro di Berlino”. A parlare è Giulio Tremonti, ex ministro dell’economia nei governi Berlusconi e presidente dell’Aspen Institute Italia. Con l’ex Presidente della Repubblica, spiega, c’era “un rapporto intellettuale, culturale, al di fuori dei circuiti di Palazzo”. Tremonti non nasconde di aver pensato a Cossiga pochi giorni fa e si lascia andare a un ricordo personale: “Mio figlio, che all’epoca aveva sette o otto anni, giocava con i Carabinieri della scorta del Presidente, con le armi che avevano nel bagagliaio. Ricordo ancora il suo divertimento. Era vigilato, eh…”, puntualizza l’ex ministro. Ogni riferimento a Salvini e alla moto d’acqua della Polizia usata dal figlio è puramente casuale…
VIOLANTE E LA STORIA IN ANTICIPO
“Francesco Cossiga era un personaggio tra i più intelligenti che abbia mai conosciuto, ma con alcune stranezze. Era capace di chiamarti alle cinque del mattino, di domenica, per invitarti a fare colazione da lui alle sei”. Così l’ex presidente della Camera Luciano Violante racconta il suo personale ricordo dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga, scomparso il 17 agosto di nove anni fa. “Era capace di vedere prima cosa sarebbe accaduto nel futuro, di anticipare la storia – fa notare Violante – come accadde con il crollo dell’Unione Sovietica. Viveva nel suo tempo ma capiva il futuro. È stato un uomo contraddittorio – conclude l’ex presidente della Camera – con grandi slanci di generosità e grandi inimicizie. Con me c’è stato un grande affetto”.
ROTONDI E L’ATTUALITÀ DI COSSIGA
“Francesco Cossiga è stato l’ultimo presidente della prima Repubblica ma il fondatore e il leader morale della seconda, nata dalle sua analisi banalmente definite ‘picconate’. Il presidente fu il primo a capire che la prima Repubblica era finita, fu il primo a intuire il ruolo che nella seconda avrebbe avuto Berlusconi, del quale amava dire che ‘è troppo buono per riuscire in politica, dove è richiesta una quota di cattiveria’”. Così Gianfranco Rotondi, presidente della fondazione Dc e vice capogruppo alla Camera di Forza, ha ricordato all’AdnKronos Francesco Cossiga. “L’incompiuta cossighiana – aggiunge – fu l’Udr, il partito gollista che doveva allearsi con la sinistra per ammodernare le istituzioni e poi separarsene dando luogo a un bipolarismo temperato. Sembra la traccia e la rotta giusta oggi per Forza Italia, come se il progetto di Cossiga fosse più attuale in questa crisi di governo rispetto a venti anni fa”.
POMICINO E IL “GRANDE DEMOCRISTIANO”
“Sono già nove anni…Gli anni passano in una maniera infame”. A dirlo è Paolo Cirino Pomicino, l’ex esponente democristiano e ministro del Bilancio. “Cossiga – ricorda all’AdnKronos Cirino Pomicino – è stato un grande democristiano, più un leader istituzionale che non di partito. La sua grande capacità da ministro degli Interni e la sua sobrietà da Presidente della Repubblica, restano un punto di riferimento nella vita repubblicana”. Cossiga, prosegue Pomicino, “aveva un temperamento a volte bizzarro. Ricordo che quando litigò con Mastella ai tempi dell’Udeur stette a casa mia per quattro ore a discutere. Gli dissi che se voleva un grande partito non doveva sopportare un Mastella ma 100mila Mastella. Da casa mia – ricorda – si portò via un fazzoletto pregiato di mia figlia Ilaria come ricordo”.
SCOTTI E IL LEADER INASCOLTATO
Comprese in anticipo come stavano cambiando gli Stati nazionali, come la politica avrebbe dovuto rispondere in termini di innovazione istituzionale ma non venne ascoltato. Le intuizioni di Francesco Cossiga, secondo Enzo Scotti, rendono evidente perché oggi la politica è incapace di dare risposte efficaci alla richiesta di cambiamento. “Sono trascorsi nove anni dalla morte di Cossiga – dice l’ex ministro e deputato Dc all’AdnKronos – la vita politica italiana stava per entrare in una fase particolarmente convulsa. Berlusconi aveva conquistata una stabile maggioranza. C’era la sensazione di una Seconda Repubblica ormai in via di stabilizzazione, la centralità del Parlamento ormai alle nostre spalle e i Partiti di massa ormai un ricordo delle vita politica”.
“Cossiga moriva – aggiunge Scotti – e con lui sembrava definitivamente lontana la Prima Repubblica. Ma in pochi anni la vita del Paese sarebbe stata sconvolta dai grandi cambiamenti economici, sociali e tecnologici. Sarebbero entrati nella scena politica i nuovi movimenti e le nuove forme di partecipazione politica dei cittadini. Cossiga aveva già capito nell’ultima parte degli anni ’90, la bufera che si sarebbe abbattuta sulla vita politica italiana”. “Cossiga – prosegue Scotti – aveva intuito la crisi dello Stato nazionale di fronte ai nuovi poteri emergenti a livello globale e capì che era arrivato il momento di affrontare una riconsiderazione della democrazia rappresentativa e di affrontare l’adeguameno delle istituzioni, costruite alla fine della seconda guerra mondiale. Dopo alcuni anni di silenzio. Il merito di Cossiga, riletto a distanza, fu quello di aver anticipato le conseguenze che una ritardata risposta politica al cambiamento avrebbe prodotto”.
“Un disperato tentativo di gettare un ponte tra quello che stava finendo e quello che stava avanzando. Il nuovo avanzava in modo confuso e senza coscienza delle radici della crisi e con un centro dirigente che sarebbe diventato in pochissimo tempo una casta, che ha già rotto i ponti e il dialogo con il sentire del cambiamento. Le vicende trascorse dalla morte e il permanere di un profondo malessere che non riesce a diventare strategia politica e costruzione istituzionale, accrescono la statura di Cossiga e il vuoto prodotto da un ceto dirigente. “Una elite, che si chiude su stessa e non capisce la sua responsabilità di ascolto e di dialogo per favorire, come tentò Cossiga, il passaggio della vita politica nazionale dalle risposte emotive a quelle istituzionali e politiche. La cronaca di questi giorni – conclude l’ex parlamentare Dc – dovrebbe farci riflettere su come chiudemmo la porta al nuovo che Cossiga ci indicava”.