Skip to main content

Isis, e non solo. L’ultimo attentato in Afghanistan spiegato da Bertolotti

Oltre sessanta morti, quasi duecento feriti. È il bilancio tremendo dell’attentato rivendicato dallo Stato islamico a Kabul. Colpita una sala per cerimonie dove si stava festeggiando un matrimonio. Un attacco che si inserisce all’interno di un quadro delicatissimo, con l’imminente ritiro americano dal paese — frutto dell’accordo di pace in costruzione coi ribelli talebani. Un momento in cui altri attori si muovono per sfruttare la caoticizzazione e costruire proselitismo.

“Questo attentato non cambia di una virgola una situazione che è drammatica”, spiega a Formiche.net Claudio Bertolotti, analista del Cemiss e direttore di Start InSight, tra i massimi esperti europei sull’Afghanistan, in libreria con “Afghanistan contemporaneo. Dentro la guerra più lunga” (editore Start InSight). Si inserisce in un contesto molto ampio di conflittualità di più attori, tra cui i talebani (composto da più gruppi in competizione tra loro); il governo afghano che sostanzialmente è incapace di governare a causa di una diarchia in cui ci sono due soggetti – il presidente e il primo ministro esecutivo – che nascono come competitor alle elezioni del 2014 e si ritrovano a spartirsi il potere perché nessuno avrebbe riconosciuto l’altro, in caso di vittoria, e poi gli attori esterni”.

Quali sono?

Il primo, l’ultimo arrivato in ordine di tempo, è lo Stato Islamico, nella sua variante afghana composta dalla componente locale, afghana, a cui si è sommata una componente esogena, perlopiù reduci del conflitto siriano, molti di origine centroasiatico come gli uiguri, i turkmeni ma anche alcuni dei 14mila circa degli afghani che sono andati a combattere tra le fila del Califfato di Abu Bakr al-Baghdadi. Numericamente non sono particolarmente rilevanti, però riescono ad attirare una forte attenzione mediatica perché la maggior parte delle loro azioni si concentra nella Capitale, Kabul, dove vi è un residuo di giornalisti che possano riportare la notizia anche ai media internazionali, come in questo caso.

“Numericamente non rilevanti”, tradotto in cifre, cosa significa?

Sono 4, 5 forse 6000, ma è un numero sempre crescente, soprattutto straniera e europea, che è marginale, ma questo fa capire quanto il fenomeno insurrezionale afghano che prima era una guerra di liberazione nazionale, adesso potrebbe diventare sempre più una guerra sul piano globale. Che è poi il messaggio dello Stato Islamico, spostare la conflittualità con chi si contrappone al suo messaggio e non ammette dialogo. I talebani sono un numero 10 volte superiore, anzi anche di più, sono circa 60mila, ma a questi si sommano circa 200mila tra supporter e simpatizzanti.

Il secondo attore esterno?

La comunità internazionale, in particolare gli Stati Uniti che hanno definito fino ad oggi le strategie per vincere questo conflitto, ma nessuna si è mai dimostrata di successo, tant’è che oggi possiamo parlare tranquillamente di sconfitta.

In che scenario ci muoviamo, allora?

Quello a cui stiamo andando incontro è una sostanziale resa da parte degli Stati Uniti, che porterà a una riduzione progressiva e poi a un disimpegno delle forze statunitensi, in particolar modo per quanto riguarda le forze della Nato, mentre verranno mantenute le forze della missione Freedom Sentinel, una missione di contro terrorismo che si occupa di colpire obiettivi relativi al terrorismo internazionale quindi Stato Islamico, al-Qaida ed alcuni dei vertici talebani che non sono d’accordo al dialogo negoziale con gli Usa. In tutto questo quadro, la soluzione mediata che da tempo stanno cercando Usa e talebani potrebbe portare a una vittoria totale dei talebani.

Perché?

Perché potrebbero, tornando al potere, con una sorta di power sharing attraverso un governo di coalizione o transizione o di responsabili, per dirlo all’italiana, però sarebbe solo un primo passo che aprirebbe allo scenario di un annullamento di tutto quello che è oggi l’Afghanistan, che potrebbe diventare molto più simile a quello che era nel 2001 che non a quello che è lo stato Afghano attuale.

Ritorniamo, però, all’attentato…

L’attentato si inserisce in una guerra persa, da parte degli Stati Uniti, ma che Trump presenterà come un successo al suo elettorato, perché la decisione di chiudere la missione non è data da un miglior risultato di quanti non ne ottenessero un anno fa, ma Trump si deve presentare con una promessa mantenuta, ossia quella che fece durante la passata campagna elettorale di portare a termine la guerra in Afghanistan. Quindi un minuto prima di perdere la guerra, Trump dichiarerà vittoria dicendo di aver raggiunto un accordo con i talebani.

Su cosa si baserà questo accordo?

Si baserà, sostanzialmente, su due principi: il primo è che i talebani smetteranno di combattere; il secondo è che i talebani non consentiranno a nessun gruppo terroristico di fare dell’Afghanistan una base del terrorismo internazionale. I talebani, che sono afghani, non rispetteranno questo accordo, e questo ce lo insegna la Storia. Nella loro storia non hanno mai rispettato nessun accordo firmato con truppe o governo stranieri come premessa a un disimpegno militare. I talebani non abbandoneranno al-Qaida, perché è parte della leadership talebana, anche se in modo indiretto.

Ma in questo attacco non c’entra al-Qaeda e i Taliban, giusto?

Questo attentato è stato rivendicato dall’Isis e condannato dai talebani. Però non cambia la sostanza, perché i talebani hanno portato avanti se non questo tutti gli altri attentati suicidi e ad oggi sono 1500 dal 2001 in avanti. Ora, chi fa parlare di sé, con gli attentati, è quello che ne ottiene il maggior risultato a livello poi di reclutamento, quello che viene scelto nel mercato del terrore come gruppo di cui voler far parte. L’Isis ha visto aumentare i suoi aderenti con gli attentati suicidi ed eclatanti, ed è questo il punto comune. Ma vorrei aggiungere un dettaglio, andato un po’ sotto traccia.

Prego.

L’attentato è avvenuto all’interno di un’area sciita, e la differenza tra talebani e Stato Islamico è che i talebani non conducono una guerra di tipo settario, quindi non c’è una contrapposizione tra sunniti e sciiti. Al contrario lo Stato Islamico sta portando violentemente questo tipo di azione a imporsi nella guerra afghana, la sta portando su un piano settario sia all’interno della stessa galassia sunnita, ma ancor più tra sunniti e sciiti.



×

Iscriviti alla newsletter