Skip to main content

Vi spiego come fede e politica possono convivere. Parla padre Occhetta

“Cultura e formazione sono le priorità su cui non dobbiamo mai smettere di lavorare. Questo è il grande sforzo che dobbiamo fare. E in tal senso il Meeting continua a dare un contributo fondamentale”. Tra dibattiti e incontri, lo scrittore della Civiltà Cattolica padre Francesco Occhetta ha vissuto da protagonista la quarantesima edizione della manifestazione di Rimini. Un’esperienza – ha affermato in questa conversazione con Formiche.net – “di relazione e di società più che politica. Qui ci si può incontrare, si può riflettere e si possono trovare le radici spirituali in cui il Paese affonda la sua storia”.

Padre Occhetta, da questo punto di vista cosa può ritrovare un cattolico a Rimini?

Gli enti intermedi, quelle strutture sociali che permettono agli uomini e alle donne di diventare persone nella società grazie al governo sussidiario. Non è lo Stato a dover imporre una soluzione, perché ai cittadini è lasciata la possibilità di gestirsi. Questa è la forza del Meeting da 40 anni. Questa è la prima dimensione, mentre la seconda è che negli incontri si scoprono sempre nuove riflessioni e la possibilità di intravedere una via per uscire dalla crisi, non solo economica, che viviamo.

Lei parla di enti intermedi. Ma non siamo nell’era della disintermediazione?

La disintermediazione rappresenta uno dei punti chiave della cultura populista europea e si caratterizza per il tentativo di far contare sempre meno le persone che rappresentano altri cittadini. Un fenomeno che inginocchia le organizzazioni sociali, i sindacati, i partiti, ma anche la Chiesa. Riappropriarsi di questa forza, che è nella nostra storia, significa anche darsi la possibilità di fare politiche che partano dalla società civile e non siano imposte dallo Stato.

La disintermediazione può degenerare nell’uomo solo al comando?

L’uomo solo al comando vuole parlare unicamente con i singoli. Come facevano i romani, la “pars pro-toto” – la parte per il tutto -, quando si ritiene che nel singolo siano rappresentati tutti. Ma non è così. La differenza delle persone e delle organizzazioni non si può cancellare e deve essere riconosciuta e valorizzata.

Che messaggio arriva da Rimini alla politica a suo avviso?

Innanzitutto di sostegno al terzo settore che rappresenta una via alternativa al mercato che troppo spesso schiaccia i più deboli. E ancora l’importanza delle strutture sussidiarie. Senza contare l’attenzione agli ultimi e alla persone in carne ossa con i loro problemi concreti.

Ieri nel corso di una conferenza cui ha partecipato ha citato lo scrittore ceco Vaclav Havel e sottolineato l’importanza della parola. In che senso?

La parola forma il mondo, lo modella. Se usiamo parole di bene e di speranza, è chiaro che vogliamo un Paese spostato in questa direzione. E’ importante, e Havel le ha usate. Sono parole democratiche, di rappresentanza, di dialogo, di mediazione, di confronto. Si tratta della prima dimensione della politica. Il politico quale mezzo ha? La parola. Come convince? Con la parola. Come progetta? A iniziare dalla parola.

E la parola a Rimini che ruolo gioca?

Il popolo del Meeting vuole cercare di lanciare nello spazio pubblico parole che diano speranza e portino progetti. Basta visitare gli stand, gli spazi e le mostre per capire come si lavora con i giovani, come si prova a indirizzarli verso un mestiere e come ci si organizza per fare rete tra persone di buona volontà.

Dimensione laica e religiosa al Meeting riescono a convivere come in pochi altri luoghi. Che tipo di valore rappresenta a suo avviso?

Nel modello italiano la laicità nello spazio pubblico è la possibilità di portare la tua fede come argomento ragionevole per tutti. La Chiesa dà tre criteri per poter vivere questo dialogo nello spazio pubblico: dovere dell’identità, coraggio dell’alterità e sincerità delle differenze. Su questa dimensione ci possiamo incontrare anche tra diversi ma trovare punti comuni quando si difendono l’umano e la persona. Cosa ben diversa è il laicismo francese che priva la persona e anche il politico della possibilità di entrare con la propria credenza: lì il principio dello Stato diventa religioso. Noi abbiamo il dovere di difendere il nostro modello.



×

Iscriviti alla newsletter