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Scuola/ “Diamo i numeri”

CONTRATTO PER IL GOVERNO DEL CAMBIAMENTO, Movimento 5 Stelle – Lega

Punto 22. SCUOLA (…) In questi anni le riforme che hanno coinvolto il mondo della scuola si sono mostrate insufficienti e spesso inadeguate, come la c.d. “Buona Scuola”, ed è per questo che intendiamo superarle con urgenza per consentire un necessario cambio di rotta, intervenendo sul fenomeno delle cd. “classi pollaio”, dell’edilizia scolastica, delle graduatorie e titoli per l’insegnamento. Particolare attenzione dovrà essere posta alla questione dei diplomati magistrali e, in generale, al problema del precariato nella scuola dell’infanzia e nella primaria. Una delle componenti essenziali per il corretto funzionamento del sistema di istruzione è rappresentata dal personale scolastico. L’eccessiva precarizzazione e la continua frustrazione delle aspettative dei nostri insegnanti rappresentano punti fondamentali da affrontare per un reale rilancio della nostra scuola. Sarà necessario assicurare, pertanto, anche attraverso una fase transitoria, una revisione del sistema di reclutamento dei docenti, per garantire da un lato il superamento delle criticità che in questi anni hanno condotto ad un cronico precariato e dall’altro un efficace sistema di formazione. (clicca qui per il testo integrale)

FACCIAMO IL PUNTO DELLA SITUAZIONE A 14 MESI  (clicca qui per leggere quanto scrivevo a Maggio 2018)

L’a.s. 2018/2019 che si è appena concluso (per l’a.s. che sta per iniziare la situazione sarà ben peggiore) :

  1. 800 presidi, con reggenze che hanno visto quadruplicate le sedi e raddoppiati gli alunni; 80.000 sono i posti coperti da supplenti; 50.000 cattedre di sostegno “in deroga”, ovvero posti a tempo determinato sulla pelle dei bambini e ragazzi disabili (clicca qui); 2.000 direttori dei servizi amministrativi mancanti;
  2. 3 milioni e 500 mila studenti partiti e mai arrivati al diploma dal 1995 ad oggi nella scuola secondaria statale, vittime di un fallimento formativo; 152 mila studenti dispersi nell’ultimo quinquennio nel percorso verso la maturità; 29% di dispersione nelle Isole, di cui il 33% in Sardegna; 32% di dispersione negli istituti professionali; 27% di dispersione negli istituti tecnici; 20% di dispersione nel liceo scientifico; 84 mila studenti dispersi dopo il biennio iniziale delle superiori (oltre metà degli studenti si disperde già dopo il primo biennio); 61 mila studenti dispersi al primo anno delle superiori; 2,9 miliardi di spesa annua per formare, senza successo, gli studenti che abbandonano; oltre 30 miliardi di euro l’anno come costo sociale dei Neet, i giovani tra i 15 anni e i 29 anni che non studiano, non lavorano, non sono in formazione;
  3. 380 scuole pubbliche paritarie che hanno chiuso, compromettendo gravemente il pluralismo educativo. Di questo passo, come è stato dimostrato in modo scientifico e inequivocabile, fra cinque anni in Italia avremo solo buone scuole pubbliche paritarie con rette dai 6.000 euro in su, foraggiate da chi può permettersele. Le scuole che chiudono, infatti, sono quelle di periferia, quelle con rette inferiori ai 3.000 euro, quelle che i poveri vorrebbero poter scegliere (ma non possono), scuole di eccellenza per contenuti culturali e per capacità educativa, con docenti appassionati, attenti, determinati a non abbandonare i ragazzi al loro destino…(clicca qui)
  4. duemila i docenti delle scuole paritarie esclusi dal CONCORSONE (2019). Una grave discriminazione professionale a danno di lavoratori che, con gli stessi titoli dei colleghi statali, hanno prodotto gli stessi effetti: alunni regolarmente promossi e inseriti nel Servizio Nazionale di Istruzione. Questo concorsone, che avrebbe l’obiettivo di fermare il precariato, in realtà farà diventare precario chi non lo era mai stato prima! (clicca qui)
  5. nella buona scuola pubblica statale manca per tutti la carta igienica: gli studenti la chiedono al Ministro Bussetti!
  6. i docenti della scuola italiana risultano i più sottopagati in Europa, eppure il 96% della spesa per la scuola è destinato a coprire il costo del personale scolastico ben al di sopra della spesa media (90/92) dei Paesi Ocse.  (clicca qui). Un docente italiano a fine carriera può sperare in uno stipendio netto di 1.800/2.000 euro, a fronte del collega che in Svizzera (Paese che, secondo i dati OCSE, è nella Top 3, subito dietro a Germania e Lussemburgo) vedrà passare gli stipendi dei docenti da 89mila a 103mila euro l’anno. (clicca qui) Un dato chiaro per i sindacati, che necessariamente devono spiegare ai loro tesserati, e a quanti vorrebbero tesserare, come questa contraddizione in termini sia conciliabile.
  7. Secondo quanto riporta l’OCSE 2019 (dati 2015), il costo per studente dall’Infanzia al diploma è di 89.336 euro nella buona scuola pubblica statale gratuita e aperta a tutti. Come sia possibile, a fronte di questo dato, considerarla gratuita è inspiegabile. Gratuita per chi? Non certamente per i contribuenti italiani, che ogni anno versano le tasse (sempre più elevate), consegnandole allo Stato affinché assicuri i servizi pubblici primari, tra i quali l’istruzione. (clicca qui) Per poi scoprire che lo Stato impiega 10.000 euro annui per ciascuno dei 7.682.635 di allievi che frequentano la scuola pubblica statale e destina invece 500 euro annui per ciascuno dei 879.158 allievi che frequentano la scuola pubblica paritaria. Se questo dato di per sé chiarisce (chi dice il contrario mente sapendo di mentire) che le scuole paritarie non rappresentano nessun onere per lo Stato italiano (tutt’altro: sono proprio queste – e le famiglie – a pagare due volte, finanziando lo Stato… Una sussidiarietà al contrario, insomma!), d’altro canto denuncia un impiego inefficiente di risorse dei cittadini per alimentare un sistema scolastico che risulta classista, regionalista e discriminatorio. Si paga per l’inefficienza: sembrerebbe assurdo, ma è quanto mai reale. Ritorna allora a bomba la domanda di sempre: quanto costa realmente un allievo? E come e dove vengono impiegati questi 89.336 euro? Cifra, ovviamente, approssimativa e che non tiene conto delle spese delle famiglie e soprattutto delle ripetenze. Sì, perché far ripetere uno studente costa, e non poco. Infatti, secondo dati forniti dal Ministero dell’Istruzione, bocciare uno studente nella scuola secondaria di primo grado o in un istituto professionale costa tra i 6 e i 7mila euro. Se invece la ripetenze riguarda la secondaria di secondo grado, il costo è sugli 11.500 euro. Insomma, bocciare non conviene a nessuno. Ancor meno, poi, se pensiamo che questi italiani sui quali investiamo espatriano. E un italiano che espatria ci costa 145.621 euro dall’infanzia alla laurea. Confindustria stima un costo totale di 5,6 miliardi di euro (un decimo di tutta la spesa per l’istruzione).

LA SOLUZIONE (Liberare dalla morsa dello spreco 7 miliardi di euro all’anno)

L’unica strada possibile per uscire da una situazione già drammatica, sia per la scuola pubblica statale che per la pubblica paritaria, è quella di riconoscere alla famiglia il suo diritto di educare liberamente i figli. Come? Attraverso il costo standard di sostenibilità: esso prevede che alla famiglia venga data una quota (di circa 5.500 euro annui per studente) da spendere per l’istruzione dei figli. Sarà poi la famiglia stessa a decidere dove spendere tale quota, se in una scuola pubblica statale o in una scuola pubblica paritaria. Il ruolo dello Stato in tutto questo? Quello di garante e controllore, non di gestore e controllore… di se stesso! Persino il MIUR, notoriamente elefantiaco, si è mosso aprendo un tavolo sul costo standard di sostenibilità per allievo, senza il quale – lo sanno bene gli Amministrativi del Ministero – andremo velocemente verso il tracollo della scuola pubblica statale tutta, perché la spesa è notoriamente fuori controllo. (clicca qui)

VIDEO “Per la Libertà di Scelta della Scuola da parte delle Famiglie” (clicca qui)


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