L’arresto a Napoli di un alto dirigente della Odk, una società statale russa che produce motori, fermato su richiesta degli Usa con l’accusa di spionaggio industriale, riaccende i riflettori su un tema poco dibattuto ma che impegna in modo rilevante anche l’Italia: la difesa da operazioni di intelligence economica sempre più sofisticate, che sovente passano dall’utilizzo del dominio cyber.
L’ATTENZIONE DELL’INTELLIGENCE
A metterlo nero su bianco è la stessa ultima relazione annuale al Parlamento realizzata dal Dis, il dipartimento che coordina le agenzie di intelligence Aisi e Aise. Nel documento pubblico, che riassume a beneficio dei deputati del resto dei cittadini i (tanti) fronti sui quali sono impegnati i nostri servizi segreti, si evidenzia come il monitoraggio condotto abbia “rilevato iniziative tese ad esfiltrare tecnologia e know-how o a conquistare nicchie di mercato pregiate, come pure una persistente esposizione delle imprese italiane ad iniziative di spionaggio industriale”.
PMI E SUPPLY CHAIN
Il problema è ben chiaro, dunque, e riguarda in particolar modo le Piccole e Medie Imprese, realtà che rappresentano la spina dorsale del tessuto economico della Penisola, ma che a causa delle loro ridotte dimensioni (e della conseguente minor capacità di investimenti in sicurezza) rappresentano un obiettivo particolarmente ghiotto e accessibile per chi mira ad appropriarsi della loro preziosa proprietà intellettuale. Non solo: spesso queste aziende sono la ‘porta di accesso’ per colpire società di grosse dimensioni, delle quali sono fornitrici.
Si lega a questa necessità la campagna di sensibilizzazione alle cyber minacce e alla cultura della sicurezza informatica, rivolta dall’intelligence proprio alle aziende italiane, che il direttore generale del Dis, il prefetto Gennaro Vecchione, ha annunciato nei mesi scorsi.
I PERICOLI DA EST
Nel campo dell’intelligence economico-finanziaria, due degli attori più aggressivi sono ritenuti – tanto negli Usa quanto nel Vecchio continente – la già citata Russia e soprattutto la Cina, che secondo i timori americani opererebbe sia con cyber attacchi tradizionali, sia grazie al supporto dei suoi maggiori player tech (ragione per la quale Washington si oppone, negli Stati Uniti e nei Paesi alleati, all’implementazione di tecnologia di Huawei e Zte per le nuove reti 5G).
Dopo una fase – quella dello scorso governo – nella quale i pericoli provenienti da Mosca e Pechino non sono sembrati in cima alle priorità dell’esecutivo, sarà dunque necessario ricalibrare l’attenzione sulle nuove minacce ibride; un trend, questo, forse già iniziato ieri con il rapido e motivato esercizio, nel primo Consiglio dei ministri del governo Conte 2, dei poteri speciali su alcune delle notifiche presentate dalle telco in relazione ai contratti di fornitura stipulati con fornitori di tecnologia 5G, tra i quali figurano anche i colossi cinesi.
LE PRIORITÀ DAL NUOVO GOVERNO
L’attuale scenario di minacce necessita infatti di risposte quantomai veloci e di un confronto costante tra le varie articolazioni dello Stato. Uno dei prossimi e auspicati passaggi dovrebbe essere, in tal senso, la convocazione del Comitato Interministeriale per la Sicurezza della Repubblica (Cisr), l’organo dal quale passano le decisioni che attengono alla sicurezza nazionale e alla governance del Comparto Intelligence.
Tra quest’ultime c’è il bisogno di incrementare ulteriormente il decisivo information sharing con partner e alleati, ma anche necessità di procedere sia alla nomina di un nuovo vicedirettore vicario del Dis dopo l’uscita di Enrico Savio (approdato al settore privato) sia alla nomina di un’autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica. Nello scorso governo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte decise di tenere per sé le deleghe ai servizi segreti. Tuttavia la complessità di questo momento storico e la necessità di concentrare l’attenzione sulle tante sfide cruciali per l’intelligence gli suggerirebbe oggi, di avvalersi del supporto di un delegato che possa gestire la quotidianeità dei problemi (aspetto altrettanto importante) lasciando all’inquilino di Palazzo Chigi – come peraltro dispone la legge – il ruolo di alta direzione e responsabilità generale della politica dell’informazione per la sicurezza del Paese.