Meno di sette minuti di comprensibile commozione e di garbo: Elisabetta Trenta si è congedata così dal suo staff e dal personale del ministero della Difesa e ha postato sulla sua pagina Facebook l’intervento. Un bilancio, le “riflessioni conclusive”, con il quale ha rivendicato la sua costante attenzione alle esigenze del personale e “la profonda passione e il rispetto per l’istituzione Difesa” nonostante i timori che, ha ricordato, dipendevano dalla posizione politica del Movimento 5 Stelle.
Oltre a un accenno all’attenzione rivolta al Mediterraneo e all’Africa, l’ex ministro ha parlato soprattutto di quanto fatto per il personale che resta l’elemento più importante e che deve avere soddisfazione nello svolgere il proprio lavoro perché altrimenti, ha aggiunto, investimenti e mezzi servirebbero a poco. Ha riconosciuto di essere scesa qualche volta “troppo nel piccolo”, ma è significativo l’esempio di due militari tornati dall’Afghanistan “con ferite nell’animo” che, prima di rivolgersi a lei, “avrebbero avuto bisogno di maggiore attenzione” quando invece c’è “troppa burocrazia”.
Questi pensieri sono stati anche parte del passaggio di consegne con il nuovo ministro, Lorenzo Guerini, che non dovrà chiuderli in un cassetto. Per il resto, la signora Trenta ha ricordato la “filosofia” di fondo del suo mandato, una Difesa “più integrata nella vita civile” nel contesto di sicurezza collettiva e nazionale. In sostanza, la “filosofia” del dual use.
La commozione e l’emozione erano sincere, il compito dell’ex ministro della Difesa non è stato facile perché era parte di un governo complicato ed è umano che desiderasse continuare la sua opera anche nel secondo governo Conte. L’uscita di scena è stata elegante e, pur con i contrasti avuti dal giugno 2018, vertici militari e avversari politici devono concederle l’onore delle armi.