Alla fine anche Matteo Salvini ha aderito al sit in di protesta promosso da Giorgia Meloni in concomitanza con il discorso programmatico di Giuseppe Conte a Montecitorio. Silvio Berlusconi ha invece preferito non farlo, anche se Forza Italia sarà all’opposizione del governo giallorosso.
Già questi elementi ci dicono che a destra del governo c’è sì la consapevolezza di essere maggioritari nel Paese, ma anche un preoccupante disagio per la mancanza di una prospettiva politica precisa. Certo, l’opposizione potrà combattere giorno per giorno le politiche del nuovo governo e potrà giocare sulle contraddizioni che nel suo seno probabilmente presto sorgeranno. Ma, in positivo, quale idea comune di Paese potrà proporre agli elettori quando, prima o poi, si andrà a votare di nuovo? A livello locale è tutto più semplice perché certe decisioni di fondo, ideali e di collocazione internazionale, possono venir messe in un angolo. A livello nazionale, no.
Il governo precedente era tenuto insieme da una retorica del “cambiamento” che non era del tutto campata in aria: Lega e Cinque Stelle rappresentavano entrambe, in qualche modo, il farsi avanti di nuove élite in grado di riflettere i bisogni che le vecchie classi dirigenti avevano del tutto ignorato. Ora però è evidente che la partita deve giocarsi su un altro terreno, quello più sperimentato di “destra” contro “sinistra”.
E qui nascono i problemi. Che destra sarà quella che si proporrà al paese? Una destra “sovranista” o anche moderata? Una destra o un centrodestra? E una destra solo sovranista avrà possibilità di reggere in una situazione politica del tutto cambiata? Qualche perplessità sorge. Il fatto è che io temo che il vero scacco matto a Salvini sia stato compiuto non tanto esautorandolo dal governo ma accettando, in qualche modo, e urbanizzando le sue idee. Certe dichiarazioni di questi giorni, che hanno trovato eco persino al Quirinale, sulla necessità di rivedere i trattati europei, sono significative.
Salvini aveva intuito che il vero problema dell’Italia era in Europa, e che anche il problema dell’immigrazione ricadeva sulle nostre spalle perché a monte c’era una volontà europea che aveva preso corpo in trattati da noi incautamente sottoscritti (tipo quello di Dublino). In questo senso, veramente le elezioni del 26 maggio rappresentavano, come il leader della Lega ebbe a dire, la “madre di tutte le battaglie”.
Una battaglia persa nelle urne, in verità, perché il “fronte sovranista” non era compatto e perché la stessa Lega, che doveva esserne la guida, si è mossa su quel terreno in modo a dir poco goffo. A quel punto, le forze europeiste, scampato il pericolo, hanno deciso di adottare una linea da “cordone sanitario”. Ad essa ha corrisposto una uguale chiusura da parte di Salvini , che è risultato del tutto isolato in campo internazionale.
Molto più saggio sarebbe stato, secondo la linea tracciata da Giuseppe Conte, far convergere (come ha fatto Orban) i voti su Ursula von der Leyen e poi far pesare questo contributo alla sua elezione in sede negoziale. Le richieste senza base nei rapporti di forza, seppur giuste e sentite dagli italiani, risultano velleitarie se non hanno uno sbocco politico. In qualche modo, Salvini avrebbe dovuto rendere politica la protesta sua e della maggioranza degli italiani.
Il clima da campagna elettorale permanente non ha aiutato. Ora, è evidente che alla destra manca proprio la gamba politica, cioè moderata, per non dire di quella culturale-ideologico. Il fatto che Forza Italia sia sempre più marginale e che oggi si sia tenuta lontana del sit in, è simbolicamente preoccupante. Sarà la Lega stessa a trovare in se stessa la necessaria gamba moderata, come chi scrive ha più volte auspicato? O sarà invece un homo novus a farla rinascere e ad allearsi con il fronte Lega-Fratelli d’Italia? Staremo a vedere, ma se il problema non si risolve, credo che questa destra, troppo sbilanciata, difficilmente possa candidarsi, come la maggioranza degli italiani (che non è di sinistra) vorrebbe, a seria alternativa del governo Conte bis.