Un italiano ai vertici del governo comunitario. Paolo Gentiloni è il nuovo commissario agli Affari Economici, succedendo a Pierre Moscovici nell’ambito della nuova gestione di Ursula von der Leyen, subentrata al potente Jean-Claude Juncker alla presidenza della Commissione europea. Si tratta di una casella di quelle importanti, visto che all’ex premier è stato affidato l’intero portafoglio economico dell’Unione. Di più. A Gentiloni, come fu per Moscovici, spetterà esaminare e all’occorrenza avere l’ultima parola, sulle manovre di bilancio dei Paesi membri. Inclusa l’Italia.
Come leggere la nomina di Gentiloni (primo italiano a ricoprire tale carica) alla luce della nuova situazione politica italiana? Formiche.net lo ha chiesto a Pier Carlo Padoan, deputato dem ma soprattutto ex ministro dell’Economia dal 2014 al 2018, prima con Renzi e poi proprio con Gentiloni premier e per questo estensore di ben quattro manovre.
Padoan che cosa significa avere Paolo Gentiloni commissario per gli Affari Economici?
Certamente è un grande risultato per l’Italia e per lo stesso Gentiloni. Non è solo il fatto di essere commissario europeo ma anche quello di avere un portafoglio importante e allo stesso tempo estremamente delicato in una logica di funzionamento della struttura della commissione europea. Mi sembra un ottimo risultato, una grande soddisfazione e un segno di fiducia importante per l’Italia.
I mercati sembrano aver dato fiducia a questo governo che a sua volta ha ritrovato una certa sintonia, perduta, con l’Europa. Con Gentiloni potremo stare ancora più tranquilli su ambo i fronti?
Non credo onestamente che Gentiloni sia lì per fare solo i nostri interessi, ma per migliorare e cambiare la politica europea. Sarebbe un grosso errore pensare che siccome il commissario agli Affari Economici è italiano ci sia nei nostri confronti una maggiore indulgenza da parte della Commissione europea.
La presidente von der Leyen ha detto che è pronta a concederci tutta la flessibilità possibile nella prossima manovra. Lo avrebbe detto anche senza Gentiloni commissario?
Penso proprio di sì. La flessibilità è peraltro già regolata da un regolamento apposito che prevede che la flessibilità non sia automatica, come un rubinetto e via. Ma deve essere giustificata verso un Paese che per esempio ha bisogno di investimenti o è stato colpito da catastrofi naturali.
Lei Padoan è stato ministro dell’Economia con Renzi e poi proprio con Gentiloni. Che chances abbiamo di disinnescare l’aumento dell’Iva?
Ci sono delle possibilità e delle direzioni in cui lavorare. Dal miglioramento della lotta all’evasione al riassetto delle tax expenditures e degli sgravi fiscali. Credo sia questa la direzione in cui si sta lavorando al ministero.
C’è chi parla di impiegare i soldi risparmiati nella spesa in interessi sulle nostre emissioni di titoli di debito. Lo spread è sceso parecchio nelle ultime settimane. Ma non sarebbe meglio impiegarli nella riduzione del debito pubblico?
Il debito pubblico deve essere messo il prima possibile lungo un sentiero di discesa perché se ne avrebbero benefici immediati in termini di minori interessi da pagare. In una prospettiva di medio termine cercherei indubbiamente di accelerare la discesa del debito.
Rimaniamo nel campo del debito. Nella scorsa manovra l’esecutivo promise privatizzazioni nel 2019 per 18 miliardi di euro. Siamo a settembre ormai.
Rimane a tutti gli effetti un impegno assai problematico, con degli ostacoli evidenti. Tra tutti l’ammontare irrealistico, se non altro comparandolo alle esperienze precedenti.
Se le dico salario minimo? Ieri Conte alla Camera lo ha menzionato nel suo discorso programmatico…
Bisogna capire per chi e a quale livello collocarlo. C’è un problema di compatibilità con alcuni contratti che già lo fissano. La questione è avere per tutti i lavoratori una retribuzione dignitosa, discorso che tira direttamente in ballo la competitività delle imprese.