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Trattativa Stato-Mafia. Mancino in aula a Palermo

“Qui non si tratta di processare lo Stato o rifare la storia. Si tratta di fare un processo penale nel quale si accertano fatti e responsabilità”. Inizia un percorso che per il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo è “un atto di giustizia”. Nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo si è aperto il processo (udienza rinviata a venerdì 31) sulla “trattativa” tra Stato e mafia: la Corte d’Assise è chiamata a giudicare dieci imputati, mafiosi, politici e ufficiali dell’Arma, che secondo l’accusa, vent’anni fa si sedettero intorno a un tavolo per concordare una strategia di distensione che mettesse fine al periodo stragista che tra il 1992 e il ’93. Alla sbarra ci sono i capimafia Totò Riina, Antonino Cinà, Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca; il figlio dell’ex sindaco di Palermo Massimo Ciancimino, gli ex ufficiali del Ros dei carabinieri, Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno, l’ex senatore del Pdl Marcello Dell’Utri e l’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino. Ha scelto invece il rito abbreviato l’ex ministro democristiano Calogero Mannino. Tra i 178 testimoni citati dalla Procura, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e quello del Senato Pietro Grasso.



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