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La svolta di Malta. Perché l’accordo sui migranti cambia la politica

La prova si avrà l’8 ottobre alla riunione del Consiglio Affari interni in programma a Lussemburgo, ma le conclusioni del vertice dei ministri dell’Interno a Malta sembrano per la prima volta definire una concreta ripartizione del peso dei flussi migratori tra un congruo numero di Stati dell’Unione. L’annuncio dell’accordo è stato dato dal commissario per gli Affari interni, Dimitri Avramopoulos, che ha invitato tutti gli Stati membri “a unirsi allo sforzo di solidarietà”. Il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha riassunto i quattro punti: la “rotazione volontaria” dei porti di sbarco, non solo quando quelli di Italia e Malta sono saturi, che “non era scontata”; la “redistribuzione dei migranti su base obbligatoria” con un sistema di quote da stabilire in base a quanti dei 28 paesi dell’Ue parteciperanno all’intesa; tempi “molto rapidi” (quattro settimane) per i ricollocamenti e la redistribuzione di tutti i richiedenti asilo e non solo di coloro che hanno ottenuto lo status di rifugiato. Quindi anche dei migranti economici. Una volta decisa la quota da ridistribuire, i migranti verranno inseriti direttamente nella banca dati del Paese di destinazione, che si farà carico anche degli eventuali rimpatri, e non in quello di primo approdo.

C’è però un punto molto importante: l’accordo riguarda solo i migranti soccorsi da navi delle Ong e da quelle militari, non quelli che arrivano autonomamente a bordo di imbarcazioni di vario genere. Negli ultimi giorni, per esempio, c’è stato un aumento degli arrivi dalla Tunisia. Lamorgese è stata esplicita: è stato compiuto “un primo passo concreto per un approccio di vera azione comune europea” perché “noi abbiamo sempre detto che chi arriva a Malta e in Italia arriva in Europa e oggi questo concetto fa parte del comune sentire europeo”. “Da oggi Italia e Malta non sono più sole, c’è la consapevolezza che i due paesi rappresentano la porta d’Europa” ha aggiunto spiegando che sono stati sciolti “nodi politici complicati”. Ci sono novità sia sull’accoglienza che sul salvataggio in mare e l’idea è di sanzionare i Paesi che rifiuteranno le quote, anche se nella bozza di accordo non se ne parla.

In sostanza, l’Italia non sarà più considerata paese di primo approdo e l’accordo avvia anche la discussione sulla modifica del diritto d’asilo: l’intesa con Christophe Castanier (Francia), Hors Seehofer (Germania) e Michael Farrugia (Malta) apre alla revisione del regolamento di Dublino che secondo il ministro tedesco non sarebbe stata possibile altrimenti. Seehofer ha spiegato che i regolamenti individuati nella riunione consentiranno a Italia e Malta di ridurre i rifugiati con “procedure chiare e prevedibili”. Uno Stato che certamente parteciperà alla redistribuzione è la Finlandia, come ha annunciato il ministro Maria Ohisalo presente quale presidente di turno del Consiglio europeo. Finora hanno accettato la ricollocazione complessivamente 15 Stati dell’Unione europea e la Norvegia, ma è presto per dire che gli stessi aderiranno a questo accordo.

Da New York, dov’è impegnato all’assemblea generale dell’Onu, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha ripetuto che sarà attivato un “meccanismo temporaneo che ci sollevi dal passare i fine settimana al telefono”. Sarà temporaneo (forse semestrale) in attesa dell’insediamento della nuova Commissione. Conte, anche per gettare acqua sul fuoco delle polemiche, ha precisato che non sarà accettato un meccanismo che possa incentivare nuovi arrivi, “non arretreremo di un millimetro” perché “l’Italia deve decidere chi arriva sul suo territorio”. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, pur complimentadosi con la titolare del Viminale, ha rilanciato la necessità di un accordo sui rimpatri come vera soluzione insieme con la stabilizzazione della Libia sulla quale venerdì 27 a New York ci sarà un incontro “co-presieduto da Italia e Francia”. Di Maio, e non è la prima volta, ha anche detto che presto ci saranno importanti novità sui rimpatri degli immigrati irregolari in Italia.

I ragionamenti politici hanno riguardato anche l’insieme del fenomeno migratorio: scelte di politica estera e operative che incidano sui traffici illeciti. L’ha detto il ministro Lamorgese (“bisogna lavorare per non farli partire”), l’ha detto Conte (“bisogna rimpatriare chi non ha diritto di restare in Italia e in Europa”), l’ha detto Seehofer (“più mezzi alla Guardia costiera europea e guardare ai Paesi africani, non è materia solo per i ministri dell’Interno”). La svolta di Malta non placherà il dibattito all’interno delle varie nazioni: l’ultradestra tedesca di Afd ha già attaccato Seehofer perché causerà “la prossima ondata di migranti” ed è da verificare la reazione del centrodestra italiano. Matteo Salvini si trova di fronte a un accordo che potrebbe alleggerire l’Italia molto più che in passato e, nel frattempo, sceglie di polemizzare con la Cei che ha invitato a non arrendersi “alla cultura del ‘prima noi e poi gli altri’” perché le chiusure “consolidano ingiustizie ed egoismi”. Il leader leghista ha ripetuto che “aprire i porti italiani a tutto il mondo è una follia” e che un buon politico deve prima occuparsi degli italiani “senza lavoro e senza speranza”.

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