Gli oceani, oggi, rappresentano il 99% dello spazio ecologico futuro del nostro pianeta. L’estrazione di minerali dal fondo dell’oceano, in questo caso, è una linea di sviluppo primario per la Cina e anche per le sue imprese maggiori. Solfati polimetallici, croste di ferromagnete piene di cobalto, e l’insieme delle terre rare del fondo oceanico si collega ai venti ferromagnetici dell’oceano indiano e delle colline sottomarine dell’Oceano Pacifico. Una massa di materiali fondamentali per lo sviluppo dell’elettronica futura.
Per quel che riguarda un business correlato, quello delle aree di pesca di profondità e oceaniche, si tratta di costruire aree di protezione ambientale e, insieme, di pesca profonda, correlata a tecniche evolute di controllo elettronico dell’ambiente marino, che è da un lato strategicamente utile, dall’altro essenziale per mantenere e sostenere l’egemonia cinese nei mari.
Cosa fare delle tecnologie di telecomunicazione, allora: certamente, le linee cablo sottomarine, ma soprattutto una rete cablata, con le tecnologie d’uso, per la protezione cyber delle navi commerciali in navigazione.
Una rete di IoT, Internet of Things, per le navi in navigazione e per le attività commerciali, come la pesca o la elaborazione, in navigazione, delle attività di ospitalità e di sostegno alla popolazione rivierasca dal mare.
Costruzione di sistemi AI che permettano, da una base terrestre o da piccolo cabotaggio, di controllare la navigazione dei vascelli collegati, proteggendoli, in tempo reale e, anzi, con una quota utile di previsione, da disastri marittimi o da pericoli man made, terrorismo compreso.
La elaborazione di tecnologie digitali capaci di aiutare, innovare, abilitare la costruzione di navi, di ogni ordine, e l’aggiornamento in tempi rapidissimi delle richieste dei materiali e della manodopera, just in time, con radicale abbattimento dei costi.
Si potrebbe anche immaginare una guida remota dei vascelli commerciali, con aggiornamenti immediati sulle condizioni politiche e marittime.
Naturalmente, queste operazioni si baserebbero sulla economia blu dell’energia costiera, una sostanziale autonomia energetica per le stazioni di gestione delle reti alle quali abbiamo fatto cenno.