Si infiammano nuovamente le piazze egiziane, con quasi duemila arresti. L’humus del Cairo resta cruciale per capire come evolveranno le manifestazioni nella stessa location, piazza Tahrir, dove nel 2011 nacque la rivoluzione. Ma accanto al dissenso pubblico ecco i sospetti sulle infiltrazioni esterne e soprattutto il derby sullo stato dei conti, tra catastrofisti e ottimisti.
IN PIAZZA
Le forze di sicurezza egiziane hanno completamente isolato Tahrir Square per prevenire possibili proteste. Tra i protagonisti delle manifestazioni spicca l’esiliato Mohamed Ali, i cui video sulla presunta corruzione all’interno dell’esercito egiziano hanno scatenato le recenti proteste. Dalla sua bocca sono partiti gli inviti alla marcia per la cittadinanza. Secondo l’organizzazione di monitoraggio web NetBlocks, internet nel Paese starebbe subendo crescenti restrizioni, tra cui l’interruzione di Twitter, Facebook Messenger e Skype. Interessata anche la Bbc.
Sul punto però va registrata la presa di posizione del governo che ha accusato “l’Islam politico” di essere il regista occulto dell’intero sommovimento sociale. Il presidente Al Sisi lo ha detto in occasione della sua presenza a New York all’assemblea generale delle Nazioni Unite. Il riferimento è al gruppo dei Fratelli Musulmani, bandito nel Paese, ma dalle forti aderenze nella vicina Turchia.
SCENARI
Principale terreno di scontro è quello delle condizioni economiche, con una sorta di derby sullo stato dei conti egiziani, tra catastrofisti e ottimisti. I dati ufficiali del luglio scorso parlano di 32,5 milioni di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà, ma proprio a seguito delle nuove misure di austerità (tra cui profondi tagli delle sovvenzioni e aumenti dei prezzi dei beni primari) il Fondo Monetario Internazionale ha potuto effettuare un cospicuo prestito all’Egitto per rimettere in moto l’economia.
È il caso della nuova town che sta per vedere la luce 45 chilometri dal Cairo, una sorta di nuova capitale amministrativa con una superficie totale di 700 chilometri quadrati destinata a ospitare 34 ministeri, un mega centro commerciale, con quartieri residenziali per una capienza di sette milioni di residenti. La mossa di Al Sisi per dare una nuova immagine al futuro egiziano, da intrecciare con l’altro tema assolutamente pregnante a queste latitudini: il versante energetico.
SEGNI POSITIVI
L’Egitto nell’ultimo triennio si è ritagliato un nuovo ruolo all’interno del dossier energetico e ha preso parte al nuovo quadrumvirato del gas con Cipro, Israele e Grecia. Lo scorso anno ha firmato un accordo con Cipro per collegare il giacimento di gas Afrodite agli impianti di liquefazione dell’Egitto per ottenere un hub regionale per gas e petrolio da 19,8 milioni di metri cubi. Inoltre risale al 2017 la firma da parte di China State Construction Engineering Corp (CSCEC) di un contratto da 3 miliardi di dollari per costruire 20 torri nel distretto centrale degli affari, finanziato principalmente da prestiti cinesi. E l’Egitto ha anche preso in prestito 1,2 miliardi dalla Cina per costruire una ferrovia elettrificata di 68 km dalla nuova città alla periferia del Cairo.
Infine il colosso israeliano Delek Drilling, assieme alla statunitense Noble Energy e all’egiziana Egyptian Gas Transportation Company East Gas (Egcl) hanno acquisito il del 39% di East Mediterranean Gas (Emg) per 1,3 miliardi di dollari.