C’è molto più di un semplice impegno istituzionale nella visita che oggi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha fatto nel centro di Ricerca e Sviluppo di Ericsson a Genova, il cui lavoro è incentrato su progetti in ambito telecomunicazioni, tra cui il 5G.
Nel giorno in cui il capo della diplomazia americana Mike Pompeo è arrivato a Roma, non è sfuggita la tempistica con la quale l’inquilino di Palazzo Chigi – che poco dopo lo ha incontrato – ha deciso di visitare la struttura ligure. Così come è evidente il forte segnale politico e simbolico che ne consegue: l’alternativa a Huawei esiste, è qui, e l’Italia, seppur nel rispetto di dinamiche di mercato, la prenderà seriamente in considerazione.
Da tempo gli Stati Uniti avvertono l’Italia dei rischi che ritengono collegati all’adozione di tecnologie di colossi cinesi come Huawei e Zte (ritenuti un potenziale mezzo di spionaggio dell’intelligence di Pechino), chiedendo ai Paesi alleati, soprattutto quelli che come la Penisola ospitano basi Nato, di estrometterli dall’implementazione delle nuove infrastrutture.
Il ragionamento di Washington è semplice: un punto debole nelle reti di una nazione potrebbe mettere a repentaglio anche quelle degli altri. E, per far passare questo messaggio, Pompeo si è speso in questi mesi in prima persona, parlandone di continuo o chiedendo alle rappresentanze diplomatiche Usa in giro per il mondo di confrontarsi con i governi locali, ai quali si consigliava di optare per fornitori occidentali.
Fino a un paio di settimane fa la risposta italiana era stata insoddisfacente. Poi, con l’avvento dell’esecutivo Conte 2, una accelerazione in due mosse: l’esame della questione nel suo primo Cdm, deliberando l’esercizio dei poteri speciali su alcune delle notifiche presentate dalle telco in relazione ai contratti di fornitura stipulati con fornitori di tecnologia 5G, tra i quali figurano anche le cinesi Huawei e Zte; e, successivamente, l’approvazione di nuovo decreto legge che potesse elevare in un colpo solo – grazie alla creazione di un perimetro di sicurezza nazionale cibernetica – sia la sicurezza delle reti sia dei sistemi più sensibili agendo su diverse criticità.
Da un punto di vista alleato, tuttavia, ci si trova di fronte a parole e non ancora a fatti. Anche perché, viene rilevato, le prescrizioni giunte alle telco nella prima riunione dell’esecutivo Conte 2 attraverso l’esercizio dei poteri speciali concessi dal Golden Power (anch’essi verso un rafforzamento col nuovo decreto) non fermano Huawei e Zte, che continuano massicciamente a investire in Italia. Mentre il decreto cyber avrà tempi lunghi.
Huawei e gli altri colossi cinesi saranno o no coinvolti nelle infrastrutture delle nuove reti 5G italiane, ci si chiede oltreoceano?
La visita a Ericsson di Conte lancia senz’altro a Pompeo un ulteriore segnale di attenzione nei confronti dei timori statunitensi, ma non affronta definitivamente i nodi che Roma, prima o poi, dovrà sciogliere.