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I diritti gay e l’eterofobia

Ormai da qualche tempo assistiamo alla trasformazione delle grandi questioni etiche in questioni politiche. Non è un trend che riguarda soltanto l’Italia, ma il mondo intero; non solo il cristianesimo ma tutte le religioni. Talora, però, la pratica dei governi, inseguendo il politically correct, arriva a scontrarsi con il pensiero profondo della gente, come nella laicissima Francia, dopo l’introduzione delle nozze gay. E il dissenso popolare si modifica irrimediabilmente in strumento di ignobili e violenti estremismi.

In Italia si dibatte da tempo sui diritti delle coppie omosessuali. Ultimamente il ritmo si è accelerato a causa di una lettera, poi rilanciata con un’intervista, di un ragazzo omosessuale, Davide Tancredi, che ha presentato pubblicamente il dramma della sua condizione su un noto giornale nazionale. Di là dalla commozione che comunque un dolore personale produce, alcune affermazioni che egli fa contro la Chiesa, accusata in sostanza di omofobia, paiono a dir poco sconcertanti.

I credenti sarebbero “la spina nel fianco e l’ostacolo fondamentale contro i diritti dei gay, in nome di un potere temporale che ha soffocato il cristianesimo”. Un giudizio gratuitamente concesso solo perché la Chiesa difende eroicamente il matrimonio. Quando oggi non c’è atto più spirituale che proteggere proprio un’istituzione tanto impopolare come la famiglia. Una sentenza del genere è chiaramente ispirata da una visione ideologicamente ostile a quanto il cristianesimo e la costituzione italiana considerano un valore etico e civile. Un pregiudizio che purtroppo fa breccia dappertutto, non solo a sinistra. Perché stupirsi, d’altronde, che il Pdl abbia presentato un disegno di legge, promosso dal senatore Giancarlo Galan, per equiparare i diritti e i doveri delle coppie gay al matrimonio naturale eterosessuale?

Intendiamoci, se l’intento è combattere l’omofobia e la discriminazione di alcune persone come Davide, che non possono farsi amare da chi amano e destinare i loro beni in corrispondenza dei loro affetti, allora ben venga questa legge. E’ giusta sul piano civico ed è cristiana sul piano morale. Ogni persona ha una dignità, una coscienza e una libertà inviolabile che non può essere calpestata. Se, invece, tale iniziativa vuole accelerare un’equiparazione reale tra la famiglia – unione coniugale di due persone di sesso diverso che s’impegnano a generare dei figli e a educarli per il bene di tutti – e due individualità che decidono solo di vivere insieme, tutto ciò è assolutamente inaccettabile e totalmente sbagliato.

Una cosa, infatti, è un diritto civile di associazione che non coinvolge altri soggetti; altra cosa un’unione che per natura genera e cresce altre persone come figli. Questi non possono essere discriminati in un diritto così basilare come il possesso biologico e il riconoscimento anagrafico e educativo di un padre e una madre. E’ fin troppo evidente che un diritto resta tale purché garantisca il diritto altrui. E l’adozione e il riconoscimento legale della responsabilità su un minore richiede la garanzia di una paternità e di una maternità accertata e garantita. Diversamente chi si assume l’onere della disparità?

Forse la politica dovrebbe finirla di assecondare qualsiasi spinta emotiva anche sbagliata proveniente dalla società. Vige, infatti, un principio fondamentale. Non tutto ciò che vogliamo è giusto. Non tutto ciò che di fatto appare come un diritto è davvero un dovere da riconoscersi valido legalmente e pubblicamente. La famiglia non è la creazione di una cultura dominante. La famiglia è la cellula originaria della società che decreta in termini legali l’impegno di paternità e di maternità che la natura impone a due persone affinché un essere umano possa nascere e crescere bene. I bambini venivano al mondo così anche prima del cristianesimo. E anche se la nostra civiltà si scristianizzerà completamente, questo principio naturale resterà sempre immutato e invariabile.

Magari il centrodestra, che possiede nella sua cultura una precisa idea di cos’è veramente il bene comune, dovrebbe non soltanto rincorrere leggi giuste, ma recuperare i fondamenti della propria identità politica, senza i quali è veramente difficile che possa presentarsi agli elettori con qualche speranza di successo. Cattolici o no, la difesa, il sostegno e la valorizzazione della famiglia sul piano pubblico è un punto su cui non si può e non si deve mollare. Il resto è omofobia o eterofobia, ma mai qualcosa di buono.



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