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Troppo fisco fa male al Pil e scoraggia gli investimenti esteri

Fisco, maneggiare con cura. Un suo abuso, far male all’industria. I perché e i come sono spiegati nella ricerca, presentata a Milano e realizzata dall’Osservatorio Fiscale e Contabile SdaBocconi con il contributo di British American Tobacco Italia, sugli effetti della complessità fiscale italiana sulle imprese e sugli investimenti. All’evento di presentazione, svoltosi presso l’Università SdaBocconi, sono intervenuti Carlo Gambarino, direttore dell’Osservatorio, Roberto Arditti, presidente di Kratesis, Roberta Palazzetti, ad e presidente di British American Tobacco Italia, Luigi Casero, già viceministro dell’Economia, Roberto Moro, direttore associazione fiscalisti d’impresa ed Ernesto Maria Ruffini, già direttore dell’Agenzia dell’Entrate e ad di Equitalia.

La ricerca, condotta intervistando i tax directors di imprese con sedi in tutto il mondo e una rilevante presenza internazionale, provenienti da diversi settori economici e con fatturati che si posizionano intorno al miliardo di euro, ha come obiettivo la misurazione delle forme di incertezza/complessità fiscale relative al trattamento fiscale delle operazioni. Durante la presentazione, Gambarino, ha spiegato che “l’Italia al momento è caratterizzata da un elevato grado di complessità ed incertezza per quanto attiene la gestione della variabile fiscale per le grandi imprese, soprattutto nella gestione dei rapporti col Fisco. La ricerca svolta da Ofc indica che ulteriori sviluppi nel programma dell’adempimento collaborativo e delle predeterminazioni normative del trattamento fiscale, in un quadro di totale trasparenza (quali interpelli e rulings), potrebbero contribuire al raggiungimento di un livello in linea con gli altri Paesi Ocse.”

I dati sottolineano come la carenza di riferimenti normativi certi riguardanti le verifiche delle autorità, unita ad una scarsità di competenze dei giudici tributari, rappresentino un vero cruccio per le imprese. In tal proposito Casero ha dichiarato: “Questo studio ci permette di fare un passo in avanti e di capire quanto la complessità del sistema fiscale italiano faccia male alle imprese. Non c’è solo il costo della tassazione, sulle spalle delle aziende c’è anche il macigno di tutte le altre spese di adempimento, ossia tutti quei costi necessari per fronteggiare l’eccessiva burocratizzazione del nostro Paese. Sarebbe poi interessante riuscire a compiere un avanzamento ulteriore e capire quanto l’incertezza fiscale frena la crescita dell’Italia. Si tratta di un disincentivo profondo agli investimenti esteri ma anche di una morsa che rallenta le aziende italiane. Tutto questo ha un impatto negativo sul Pil che viene troppo spesso sottovalutato”.

Un ulteriore elemento che emerge dalla ricerca della Bocconi è la sofferenza espressa nei confronti delle cosiddette imposte occulte, ovvero quei costi che devono essere sostenuti per il raggiungimento della tax compliance con l’obiettivo di non incorrere in sanzioni e che rappresentano una voce di costo molto rilevante. Ruffini in tal senso ha spiegato come sia significativo “che anche una platea di specialisti, come quella intervistata, continui a trovare ampie aree di incertezza nel nostro sistema fiscale. Di assoluta rilevanza, per disegnare politiche efficaci, è che queste aree siano sì quella della legislazione tributaria, ma, ancor più, quelle dell’amministrazione e della giustizia: lo studio ci ricorda così quanto sia importante che alle leggi segua l’intendenza, che, oltre alle regole, anche le persone che applicano e interpretano quelle regole creino un ambiente fiscale favorevole alla crescita. Non sarei sorpreso se una tax compliance più semplice e più ordinata desse un contributo nell’ordine di qualche decimo di punto di Pil”.



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