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Così il triangolo Turchia-Iran-Russia potrebbe scricchiolare. La versione di Fiamma Nirenstein

Mosca più forte in Siria dopo le bombe turche sui curdi? Non crede a questa equazione Fiamma Nirenstein, perché quella foto che ritraeva ad Ankara Erdogan con Rouhani e Putin in questo momento non sarebbe replicabile. Secondo la giornalista e scrittrice, membro del Jerusalem Center for Public Affairs (Jcpa), la Russia si ritrova con gli alleati spaccati e Washington potrebbe sempre tornare in caso di escalation dell’Isis.

L’offensiva turca in Siria apre spazi per l’Iran?

Innanzitutto diciamo che l’offensiva turca in Siria non è nuova. Tutti ricordiamo che è già entrata diverse volte per schiacciare i curdi. Questa volta lo fa in modo ancora più massiccio e il tutto è sottolineato esponenzialmente dall’atteggiamento americano. Però mi fa specie che ci si sia accorti solo ora di una situazione da sempre appesa ad un filo di odio e ad uno scontro letale, che Erdogan tiene in piedi. E poi si collega ad una serie di altri conflitti. Ma tutti sono concentrati solo sulla decisione di Trump.

Perché?

La storia dei turchi parla di altri genocidi ed è preoccupante, anche se ha avuto anche aspetti positivi come il kemalismo che aveva fatto di quel Paese la speranza di vedere un ponte ideale tra mondo islamico e quello occidentale. Non a caso fa parte della Nato. Ma questo sogno è tramontato da tempo, perché Erdogan è al potere da 14 anni in cui si è caratterizzato per moltissime azioni scomposte, tra cui avere aiutato l’Isis a costruirsi, consentendole una quantità di passaggi illegali, e aver tenuto l’Europa sotto minaccia per la possibile invasione di profughi. Forse è stata questa paura di mettere l’accento su dove deve stare, ovvero su Erdogan, a produrre il fatto che adesso lo si mette solo sugli Usa.

Dimenticate in fretta le armi chimiche usate da Assad?

Le ha usate contro la sua popolazione. L’allora presidente Obama promise di intervenire, ma all’ultimo momento si rese protagonista di un tradimento in questo senso. Gli Usa sono, a ragione, considerati i salvatori del mondo e spesso accade proprio questo: che alla fine lo salvano. Infatti la mia ipotesi è che se poi si dovesse creare la situazione in cui i jihadisti in fuga dalle prigioni dovessero diventare un pericolo per gli Stati Uniti, allora la presenza in loco potrebbe cambiare. E poi gli Usa non resteranno senza alleati in Medio Oriente: hanno Israele. Dopo l’11 settembre George W. Bush ha dovuto invadere l’Iraq. Per cui se accadono dei fatti, allora poi gli Usa si muovono sempre. E non ci dimentichiamo di Roosvelt.

Ovvero?

Avrebbe voluto salvare prima l’Europa, ma il Congresso glielo impedì. Poi quando ci fu Pearl Harbor gli Usa furono costretti ad intervenire e non ci fu verso. Per cui se da un lato giustamente qualcuno dovrà pure aiutare i poveri curdi, dall’altro riscontro troppo allarme sulla scelta Usa. Va sottolineato che i curdi sono un popolo largo, spesso in conflitto tra loro, con caratteristiche diverse: basta ricordare la figura di Ocalan. Ciò che è davvero a rischio è la popolazione civile curda, a cui Israele ha dato subito la propria solidarietà. Si tratta di un popolo che esprime una parità tra uomo e donna, è amico di Israele e dell’Occidente: abbandonarli è una cosa terribile. Ciò che si sta muovendo non sono solo quei mille soldati americani, ma le truppe di Erdogan. Da arrogante quale è, credo abbia fatto dei calcoli eccessivamente ottimistici.

Quali?

In primis sulle sanzioni, che arriveranno e che comporteranno una situazione di instabilità interna. In secondo luogo anche la sua popolazione non lo sostiene più come un tempo. Aggiungerei un odio internazionale accentuato, che fermerà la sua politica dei visti. Erdogan in sostanza ha compiuto un gesto che lo mette in crisi dinanzi ai suoi alleati fondamentali, Iran e Russia.

Come Teheran sta sfruttando il conflitto siriano per rafforzarsi nella regione? E come si intreccerà con la presenza di Mosca?

Quella foto che ritrae ad Ankara Erdogan con Rouhani e Putin in questo momento non sarebbe replicabile. L’Iran è inquieto, perché Erdogan sta facendo entrare milizie estremiste che lui stesso ha armato e che sgozzano al grido di “Allah akbar”. In questo modo si aumenta lo scontro tra sciiti e sunniti e Teheran non è contenta di ciò.

Il segretario di Stato Usa Mike Pompeo in visita in Israele ne discuterà certamente con Benjamin Netanyahu. Con quali prospettive sul versante iraniano?

In questo momento c’è un Iran irritato dalla presenza turca, con cui non vuole condividere questa egemonia imperialistica che ha stabilito sulla Siria. Ma allo stesso tempo Teheran, abituato a colonizzare il confine sud, è costretta a spostarsi a nord, per far fronte alle mosse turche con uomini e mezzi. Di certo quell’irritazione potrebbe portare caos anche altrove. In questo momento anche l’Iran è spiazzato, preoccupato e impaurito: sciiti e sunniti hanno un fronte di scontro molto più largo proprio a causa della mossa di Erdogan, che è capo della Fratellanza Musulmana.

Invece Mosca crede si rafforzi?

Non dimentichiamo che i russi lì ci sono sempre stati e che Russia e Siria sono la stessa cosa. Già sotto Assad padre, le élite siriane frequentavano le università a Mosca. Per un lungo periodo la Russia è stata egemone in Medio Oriente e in alcuni Paesi arabi, avendo sostituito i tedeschi. Per cui non è che ora la Russia diventa più potente in Siria: è sempre stata fortissima, lo è anche oggi ma con la differenza che adesso si ritrova invischiata in una situazione altamente caotica. Fino ad oggi ha ben tenuto assieme Turchia e Iran, come dimostrano i numerosi vertici a tre. Ma domani? E nel frattempo i siriani sono entrati nelle città che i turchi intendevano invadere. Per cui Mosca ha gli alleati spaccati.

twitter@FDepalo



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