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Sull’Ilva il governo pensi allo sviluppo e non faccia fuggire chi investe. Parla Bentivogli

Sull’ex Ilva di Taranto tornano ad addensarsi nubi nerissime, con la ragionevole prospettiva di assistere a una fuga anticipata di Arcelor Mittal, il gruppo dell’acciaio franco-indiano, gestore dello stabilimento pugliese dopo essersi aggiudicato il bando indetto dal Mise. Tutta colpa, se così si può dire, di un emendamento a firma M5S approvato dalle commissioni Industria e Lavoro del Senato che sopprime l’articolo 14 del dl salva-imprese facendo saltare le tutele legali, il cosiddetto scudo, per i manager dell’ex Ilva, ora Arcelor Mittal. Se l’Aula approverà, i vertici di Mittal si ritroveranno improvvisamente senza alcuna tutela legale in caso di reato ambientale. Certo, il governo ha promesso, in cambio della soppressione dell’articolo che garantiva lo scudo, un concomitante impegno a riprendere la questione tempestivamente. Ma il segnale arrivato a Mittal è pessimo: tutele legali che vanno e poi improvvisamente scompaiono. In più, giova ricordarlo, Mittal ha perso secondo l’ex ad  Matthieu Jehl 150 milioni nel secondo trimestre 2019, ovvero 50 milioni al mese che significano più di 1,5 milioni al giorno. Il che non è certo una spinta a investire. Sull’ennesima mina scoppiata sull’acciaieria più grande d’Europa, Formiche.net ha sentito il parere di Marco Bentivogli, leader della Fim-Cisl e co-firmatario del manifesto Industria 4.0.

Bentivogli, il governo ha tolto le tutele legali a Mittal. Siamo ripiombati nell’incertezza?

Qui non si tratta di capire Arcelor Mittal ma se il governo, tutto, si rende conto o no cosa significa per l’intero Paese una scelta del genere. Dietro la scelta di modificare nuovamente lo scudo penale per i lavoratori Arcelor Mittal c’è un atteggiamento schizofrenico del governo, che in modo maldestro cerca di recuperare voti su Taranto ma in realtà fornisce un buon alibi all’azienda per andar via. Nessuno vuole lavorare in un’azienda dove chi arriva deve rischiare il carcere, reo di applicare la legge o con responsabilità delle le gestioni precedenti.

In Senato non se ne resi conto, pare. Che cosa dovrebbe pensare un investitore?

Temo. L’approvazione dell’articolo 14 del disegno di legge di conversione del decreto-legge 3 settembre 2019, n. 101 in Senato di oggi, è un fatto grave che aggiunge ulteriore incertezza al futuro dell’Arcelor Mittal e non solo. Come se ci fosse un grande cartello con su scritto ‘non venite ad investire in Italia’.

A questo punto è lecito pensare che Mittal possa fare un passo indietro. Un autogol pazzesco per la politica…

La norma abrogata non garantiva alcuna immunità penale ma era limitata alla realizzazione del piano ambientale, pertanto con perimetro e portata limitata. Tale norma non ha impedito, anche nei mesi precedenti, di indagare su reati al di fuori di quel perimetro, come la sicurezza dei lavoratori. Con la norma approvata oggi si sta dando  un gigantesco alibi ad Arcelo Mittal mollare e la nomina di Lucia Morselli non fa presagire nulla di buono per il prossimo futuro.

Roma non tiene a Taranto?

Ricordo che stiamo parlando di un investimento di 4,2 miliardi complessivi al Sud del Paese, di cui solo piano ambientale cuba 3,5 miliardi. Come termine di paragone, l’attuale manovra in discussione, tolte le spese correnti, 5 miliardi e la sterilizzazione dell’Iva 23 miliardi è di circa 3 miliardi circa. Basterebbero questi numeri per capire la portata degli interventi necessari a quello che resta il più grande siderurgico d’Europa. Chi continua a promettere altro prende in giro Taranto e i lavoratori.

La storia aiuta…Bagnoli?

Sì. La storia recente ci restituisce il caso di Bagnoli a 30 anni dalla chiusura le bonifiche sono ferme ad un terzo e stiamo parlando di un’ area industriale che come estensione è un  quinto di quella di Taranto.

Il ministro dello Sviluppo Stefano Patuanelli ha detto di voler incontrare l’azienda. E il lavoratori di incontrare il ministro. Cosa chiedete?

Di fare il ministro dello Sviluppo Economico, sottolineo Sviluppo Economico. Il nuovo ministro Patuanelli o marca una discontinuità rispetto alla precedente gestione Di Maio oppure i problemi invece di risolversi andranno via via aumentando. E vista la fase di rallentamento dell’economia, tutto possiamo permetterci tranne che ulteriori problemi. Le vertenze industriali continuano a crescere e nell’ultimo anno e mezzo con la gestione dell’ex-Ilva non se ne è risolta una. Il Mise va rafforzato con  persone competenti e concrete che seguano quotidianamente i vari dossier. Quando sento un ministro che dice che non si vendono lavatrici perché non si producono ti cascano le braccia.

A Via Veneto qualcosa non funziona?

L’approccio demagogico terrapiattista  e complottista va bene forse sui social, ma un metalmeccanico a cui si promette la bacchetta magica per la soluzione di crisi complesse non funziona. Le bugie hanno le gambe corte, abbiamo il caso della Whirlpool di Napoli che fa scuola. Serve serietà. Se non otterremo una conferma di tutti gli impegni presi avvieremo al più presto la mobilitazione.

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