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Apple silura Foxconn per Pegatron

Alcuni legami sono destinati a durare per sempre, per altri c’è rimedio. E’ questo il caso della relazione tra Apple e il suo fornitore di fiducia Hon Hai Precision, meglio conosciuto come Foxconn, che stando alle ultime mosse del gruppo di Cupertino mostra evidenti segni di crisi.
Apple starebbe infatti affidando l’assemblaggio dell’iPhone a basso costo atteso quest’anno e altro lavoro al fornitore rivale Pegatron. Un tempo questo cambio di rotta sarebbe stato inimmaginabile. Lo stretto legame tra Foxconn e Apple, scrive il Wall Street Journal, rifletteva l’intesa tra Terry Gou, presidente della società asiatica, e Steve Jobs, “due leader con il complesso da eroe”, hanno detto alcuni.
La scelta di Apple potrebbe essere la diretta conseguenza di una serie di problemi avuti con il suo fornitore: Foxconn aveva repentinamente cambiato la fonte delle componentistica senza prima interpellare Apple. Evento che Pegatron ha saputo cogliere con un’aggressiva strategia di prezzo rendendosi più allettante del rivale, che ha invece deciso di scaricare sul gruppo guidato da Cook i costi per l’aumento dei salari in Cina e per il trasferimento delle fabbriche nelle province cinesi.

Due strategie opposte

Con Tim Cook alle redini del gruppo californiano, gli equilibri erano destinati a cambiare come è dimostrato anche dagli ultimi conti trimestrali delle due società: Foxconn ha registrato la peggiore contrazione dei ricavi da oltre dieci anni. Come aveva già anticipato il Financial Times a metà mese, nell’arco di tre mesi il calo su base annuale è stato del 19% a 809 miliardi di dollari taiwanesi, 27 miliardi di dollari americani. Nello stesso periodo invece Pegatron ha registrato un balzo (sempre su base annuale) del 31% dei ricavi a 195,27 di dollari taiwanesi, 6,5238 dollari americani.
Per stare al passo con il lancio di nuovi prodotti inoltre, Pegatron ha detto di volere aumentare del 40% la forza lavoro in Cina, ora pari a 100.000 unità, mentre Foxconn ha congelato a inizio anno le assunzioni in gran parte delle sue fabbriche cinesi, che comunque contano un milione di lavoratori.

 

 



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