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Di Maio non è in discussione, ma ora ascoltiamo i territori. Parla Macina (M5S)

Nessuna crisi della leadership di Luigi Di Maio, ma una risposta al calo di consensi nel Movimento 5 Stelle è diventata se non indispensabile, quantomeno necessaria. Passare dal 30% al 7% (anche se con le dovute distinzioni su dato nazionale e dato umbro) non può che stimolare una riflessione interna.

A crederlo è Anna Macina, capogruppo in commissione Affari Costituzionali alla Camera del Movimento 5 Stelle che in una conversazione con Formiche.net aggiunge: “È chiaro che le voci critiche ci sono e si possono leggere su tutti i giornali, però io credo che il problema non sia questo. Il problema è non limitarsi solo alle critiche, ma avanzare proposte costruttive”.

Partiamo dalle parole di Di Maio e dalla scelta di azzerare la strada tracciata da Grillo di continuare il dialogo per le prossime competizioni regionali. Sarà davvero così o ci sono ancora possibilità di andare assieme?

Parto da una premessa: quando ci si presenta ad una elezione ci si presenta per vincere, non solo per partecipare, e ci si presenta perché si ritiene che si sia all’altezza di ricoprire il ruolo per cui ci si candida. Detto questo, sulle regionali sono dell’opinione che qualunque decisione debba essere presa ascoltando i territori, perché soltanto dai territori possono arrivare delle risposte. In quest’ottica sono state fatte due riunioni tanto con gli eletti della Calabria quanto con quelli dell’Emilia-Romagna e insieme si è deciso che per quei territori non è rispondente alle loro esigenze intavolare un discorso comune con il Pd. Io però ci tengo a sottolineare anche un’altra cosa.

Prego.

Non mi suona bene il termine “alleanze”, perché noi abbiamo posto al centro la parola “temi”, gli obiettivi da raggiungere e le risposte da dare ai cittadini. Quindi se ragioniamo nell’ottica delle alleanze senza parlare di contenuti è tutto troppo riduttivo. Se invece parliamo di percorsi da intraprendere per arrivare ad un obiettivo, ribadisco quanto detto prima: occorre necessariamente maggiore ascolto dei territori, come è stato fatto con Calabria ed Emilia Romagna.

Quindi nessuna consultazione su Rousseau, come per l’Umbria?

Nel caso delle elezioni in Umbria la consultazione su Rousseau aveva un senso perché eravamo e siamo tutt’ora in un momento di evoluzione, con modifiche nell’organizzazione – che non è e non sarà mai una struttura partitica – del Movimento sulla possibilità di aprire alle liste civiche. Su questo si era appena votato e aveva dunque un senso proporre una ulteriore votazione sul candidato alla regione in questione. Anche perché in Umbria il discorso era intavolato come la volontà di far fare alla politica un passo indietro per farne fare due in avanti alla società civile con una sorta di lista civica. Tant’è che avevamo ottenuto che il candidato presidente avesse poi carta bianca nella scelta dei componenti della giunta.

Ha parlato di riorganizzazione del Movimento, ma concretamente di cosa parliamo, dei facilitatori citati più volte da Di Maio?

Esatto, e anche qui si tratta ancora una volta di temi, perché la volontà è di individuare delle figure strutturate territorialmente su più livelli che mantengano il contatto con il territorio e con gli eletti a Roma così come con l’intero Movimento anche attraverso Rousseau, che riescano a coordinare le varie istanze che arrivano, appunto, dal territorio, in modo da avere una visione più ampia e tracciare, eventualmente, anche una linea politica su temi specifici e sensibili. Faccio un esempio per la mia area di competenza.

L’area istituzionale…

Sì, ma non solo. Comprende sì la Costituzione e la Pubblica amministrazione, ma anche le Forze Armate, la sicurezza, le migrazioni. Ecco, servono figure che riescano a coordinare i vari livelli territoriali – consiglieri comunali, regionali, parlamentari – sui temi in modo da avere un maggiore coinvolgimento, maggiore apertura e possibilità di registrare le opinioni di tutti. Noi ragioniamo per riscoprire un valore, che è quello dell’intelligenza collettiva, quindi l’idea di coinvolgere quante più persone possibile partendo dal territorio per arrivare passo passo ai livelli superiori ci dà la possibilità di avere più contributi da esprimersi poi con una voce unica.

Che tempi ci sono, per questa riorganizzazione? È una macchina già in movimento?

Sì, certo, ovviamente è ancora tutto in itinere ma si apriranno le candidature su Rousseau e ci sarà una votazione. Spero che questa riorganizzazione possa funzionare, il punto è che il Movimento è una creatura giovane che ha voglia di crescere, non dobbiamo averne paura.

Passiamo invece al Parlamento, ancora non si è riuscito a eleggere il nuovo capogruppo alla Camera. Qual è lo scoglio?

Segnalo che in realtà i capigruppo dei gruppi parlamentari in genere vengono nominati, noi abbiamo invece scelto di eleggerli. Resta però che siamo un gruppo parlamentare di 216 persone, il gruppo più numeroso della Camera e abbiamo fatto semplicemente due votazioni, non cinquanta. Da statuto, abbiamo previsto un quorum alto, il 50% più uno degli aventi diritto al voto, sapendo che sarebbe stata una sfida che il gruppo parlamentare faceva a sé stesso ma con l’obiettivo di raggiungere un capogruppo eletto con una maggioranza di parlamentari tale che lo legittimasse su una base solidissima, che come ho detto nelle assemblee auspico sia di 140/150 voti. Ovviamente come ogni processo democratico ha bisogno di un tempo in cui i parlamentari tutti devono riflettere ed arrivare ad una scelta matura e consapevole. Io vedo questa sfida come una opportunità di mostrare maturità.

Dalle politiche alle elezioni un Umbria, passando per le europee, i consensi del Movimento sono calati molto. Qualcuno inizia a mettere in discussione la leadership di Di Maio?

Che l’Umbria rappresenti poco più dell’1% della popolazione nazionale mi pare un dato indiscutibile, anche se è vero che il Movimento ha avuto dei contraccolpi con le europee. Non possiamo però raffrontare le politiche con queste altre competizioni elettorali. Per quanto riguarda la leadership di Di Maio, è chiaro che le voci critiche ci sono e si possono leggere su tutti i giornali, però io credo che il problema non sia questo. Il problema è non limitarsi solo alle critiche, ma avanzare proposte costruttive, quindi il salto, eventualmente, e qui l’invito, è nel proporre soluzioni non semplicemente nel puntare il dito. Se vogliamo contribuire alla crescita, alla riaffermazione di questo Movimento lo sforzo va fatto con una proposta costruttiva, non distruttiva, di tutti, nessuna voce esclusa.

Si potrebbe pensare quasi a un congresso, come per un vero e proprio partito…

Noi però non siamo un partito e la parola congresso è molto lontana dal nostro vocabolario. Voglio ricordare però che sulla leadership di Di Maio c’è stata una votazione su Rousseau all’indomani delle europee, ed è un dato registrato, dopo di che l’invito a tutte le voci del Movimento è di trovare qualunque forma e qualsiasi strumento per collaborare tutti insieme. Non è detto che debba essere una forma canonica, abbiamo mille modi per confrontarci tanto alla Camera quanto al Senato. Di Maio ha incontrato i consiglieri comunali e regionali, gli attivisti regione per regione, gli strumenti quindi possono essere molteplici. Occorre riflettere sulla necessità che il Movimento ha di trasformarsi, senza snaturarsi, perché non è più solo opposizione, non è più solo protesta ma ha la responsabilità di guidare un Paese.

Tra il governo con la Lega e quello con il Pd c’è in mezzo una crisi di governo e poi di consensi. Gli ultimi numeri del Movimento sono dovuti alla poca comprensione da parte degli elettori sulle scelte fatte?

Il Movimento aveva chiarito già prima delle elezioni del marzo del 2018 che, se non avesse raggiunto la maggioranza per governare, avrebbe aperto alle forze politiche in Parlamento chiedendo una convergenza sui temi, e questo è stato fatto inizialmente con la Lega, con cui sono stati trovati dei punti di contatto su obiettivi da portare a termine, dopodiché qualcuno ha deciso che fosse più importante seguire i sondaggi che dare le risposte ai cittadini e ha staccato la spina. Ma il Movimento, proprio perché “sta diventando” grande si è assunto la responsabilità di non essere complice dei danni economici che si sarebbro abbattuti sugli italiani, ha messo davanti a tutto – anche a se stesso – e tutti, il bene degli italiani.

Da qui la scelta di governare col Pd…

A quel punto ci siamo trovati nella possibilità concreta di non poter intervenire per bloccare l’aumento dell’Iva, di non poter scrivere una legge di bilancio che scongiurasse l’esercizio provvisorio, insomma di non dare più risposte agli italiani, dunque abbiamo messo nero su bianco i punti imprescindibili per poter andare avanti con un nuovo esecutivo e il Partito democratico assieme a LeU ha detto “parliamone”. Adesso in Parlamento lavoriamo ad una manovra che possa dare risposte e soluzioni a questo Paese. Perché siamo una Repubblica parlamentare, e non lo dimentichiamo.

Insomma, il governo va avanti, nonostante gli scontri che si leggono sui giornali o sui social…

Sono appena uscita da una riunione di maggioranza che aveva come oggetto le riforme costituzionali e i famosi contrappesi relativi al taglio dei parlamentari. Abbiamo trovato punti di contatto sulle poche cose che andavano chiarite in mezz’ora, in un clima di assoluta serenità, trovando dei punti di caduta sui diversi punti di vista che soddisfano tutti nella maggioranza. Il tavolo sarà riaggiornato al 12 novembre alle 21. Questo dunque è il clima che si registra, nonostante quello che si può leggere.

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