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Il Gran Bazar fra Mosca e Ankara su caccia e missili

La consegna della seconda batteria di missili S-400 dalla Russia alla Turchia potrebbe ritardare di qualche mese, ma non è una buona notizia. Lo sfasamento nella tempistica è infatti dato dal fatto che le testate potrebbero essere prodotte in parte in Turchia, con relativa condivisione della tecnologia da parte dei russi.

Stando ai media turchi, che hanno diffuso la notizia, sarebbero già in corso studi tecnici per capire come e dove potrebbero essere costruiti i missili in modo congiunto.

Mosca, ovviamente, non fa niente per niente e in queste ore nei corridoi del potere di Ankara ha ripreso consistenza la voce che, oltre ai missili, la Russia potrebbe fornire anche i caccia da combattimento Su-35, dove però è escluso qualsiasi progetto di fabbricazione congiunta.

‘L’offerta c’è, la stiamo valutando – hanno detto fonti dalla capitale turca -. Non può essere resa una decisione in tempi rapidi perché offerte del genere richiedono una riflessione ponderata. E non si può nemmeno dire che l’era F35 si sia chiusa e si sia aperta quella degli SU-35’.

Mosca e Washington, insomma, devono aspettare e fino a quel momento c’è da aspettarsi che Ankara alzerà la posta il più possibile.

Insomma la telenovela nata dopo la firma, clamorosa, della Turchia, secondo esercito numerico della Nato, per una fornitura di missili dalla Russia, non si è ancora conclusa. Nel frattempo, però, Ankara è stata buttata temporaneamente fuori dal programma F35 dagli Usa, considerevolmente irritati da quello che per molti è un punto di non ritorno dell’atteggiamento futuro della Turchia nei confronti dell’Alleanza Atlantica.

Il bando dal programma diventerebbe sicuramente definitivo nel caso in cui la Mezzaluna decisa di acquistare caccia russi.

La Turchia sta esaminando proposte anche da altri Paesi, primo fra tutti la Cina, altra alternativa destinata a disturbare, non poco, Washington e Bruxelles. Di fondo, dobbiamo metterci in testa che abbiamo a che fare con un nuovo problema: Ankara vuole dotarsi di un’industria di difesa sua propria.

Di recente, la Turchia ha condotto con successo un test per il lancio di un missile da crociera lanciato sul mare e interamente prodotto nel Paese. A costruirlo è stata la turca Rocketsan ed entrerà nell’inventario delle forze armate nella seconda metà del 2020.

Ankara vuole armarsi e ha fretta di farlo. Per raggiungere questo scopo è disposta a tutto, anche allearsi con partner in netta contrapposizione agli organismi di cui fa parte. Ci si dovrebbe onestamente iniziare a chiedersi perché tanta fretta e tanta volontà, a dove possa portare tutto questo e quanto possa essere pericolosa una Turchia così.



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