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Il capitale umano salverà l’economia. Ecco come secondo De Lucia Lumeno

Investire nel capitale umano rappresenta, oggi più che in passato, una scelta strategica per le sorti dell’economia sia per il presente che per il futuro. Sull’argomento è tornato recentemente il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. “Come conservare ciò che di buono viene dai cambiamenti tecnologici, della globalizzazione e della finanza, mitigandone però gli effetti negativi” è il tema che il governatore ha voluto porre al centro della prolusione con la quale ha aperto, nei giorni scorsi, l’anno accademico all’Università di Cagliari. Profonde e inarrestabili trasformazioni stanno rapidamente cambiando il nostro Paese e il mondo. Con esse bisogna confrontarsi per non esserne travolti e così, “di fronte ai rischi per l’occupazione, l’equità e l’ambiente la soluzione non può essere quella luddista di fermare il progresso tecnico. Né si può pensare di rispondere alla globalizzazione con misure protezionistiche, fondate sulla convinzione errata che il commercio consenta a un paese di prosperare solo a spese degli altri. Chi le invoca dimentica che il commercio consente a tutti i paesi di crescere, mentre il protezionismo favorisce solo pochi gruppi di potere a spese di tutti gli altri cittadini”.

E allora il capitale umano diventa elemento fondamentale. “Un forte investimento, pubblico e privato, nel capitale umano del nostro Paese è essenziale per accrescere la produttività e l’occupazione, non basta a questo fine il ricorso alle pur necessarie politiche pubbliche volte a sostenere la domanda e a stabilizzare il ciclo economico”. Per il governatore, infatti, è dimostrabile e dimostrato che il rendimento dell’investimento in conoscenza va oltre la dimensione economica e può contribuire ad accrescere il senso civico, il rispetto delle regole, l’attitudine a cooperare con gli altri. Valori, questi, essenziali per il benessere collettivo che rafforzano la capacità dell’economia di crescere in modo equilibrato e inclusivo e che possono essere perseguiti riconoscendo “da parte di tutti l’importanza di accrescere il nostro capitale umano, continuando ad investire in cultura e conoscenza, in percorsi formativi non limitati alla vita scolastica, ma estesi all’intera vita lavorativa”.

Sono parole, tra l’altro non nuove per Visco, che andrebbero valorizzate con scelte appropriate e conseguenziali e che non sono nuove neanche per chi, da sempre, è impegnato, in forme diverse, sul versante della difesa e del rilancio dell’economia reale. In fondo, l’appello di Visco a investire sul capitale umano è anche la conseguenza della crisi economico finanziaria la quale ha dimostrato che quando si è pensato che si potesse fare a meno della dimensione umana, puntando tutto sulla disintermediazione e sulle dimensioni globali dei grandi conglomerati industriali e finanziari, si è prodotta la più grande crisi che l’economia occidentale abbia conosciuto. Al contrario, come molti studi realizzati in tal senso dimostrano, le aziende che hanno investito e considerano una ricchezza il capitale umano – ad esempio quelle a conduzione familiare o le aziende manifatturiere legate ai territori nei quali sono nate e si sono sviluppate o ancora quelle che costituiscono i distretti industriali – sono state decisive nel mitigare e, in alcuni casi, circoscrivere gli effetti più negativi della crisi in termini di occupazione e tenuta sociale registrando, in alcuni casi, addirittura la crescita dei propri profitti. In questo sistema il Credito popolare ha fatto la propria parte nel concedere fiducia ed erogare credito per contribuire a mantenere vitale il tessuto produttivo e imprenditoriale fatto, appunto, dalla piccola e media impresa.

Restano aperte, al di là delle parole, questioni cruciali nel nostro Paese come quella relativa all’istruzione. Come anche il governatore ha, giustamente, sottolineato l’Italia si colloca nella fascia di paesi con una performance complessiva al di sotto della media con il solo 62% della popolazione, nella fascia di età 25-64 anni, che nel 2018 aveva concluso un ciclo di scuola secondaria superiore, contro l’83% della media dei paesi membri dell’Ocse. Arretratezza che inevitabilmente si ripropone nelle fasce di età più alte: il 70% degli italiani adulti, ad esempio, non è in grado di comprendere adeguatamente testi lunghi e articolati (ultimi tra i Paesi Ocse, per i quali la media è inferiore al 50%) e una quota analoga non è in grado di elaborare adeguatamente informazioni matematiche (il 52% la media degli altri Paesi). Si investa, dunque, sul capitale umano, sull’istruzione e sulla formazione e, dunque, sulla scuola in modo che la citazione di Visco del filosofo e teologo Søren Kierkegaard: “la vita va vissuta in avanti” anche se “può essere capita solo all’indietro”, diventi il pilastro di un “vasto programma”.



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