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Commissione Ue, Macron ci riprova con Breton. Ma l’ultima parola è del Parlamento

Nei corridoi della Commissione europea di Bruxelles si respira aria di precarietà: da una parte ci sono i commissari uscenti e dall’altra quelli designati, la cui sorte dipende dai parlamentari europei.

La nuova Commissione fatica a partire, prigioniera dei giochi di palazzo dei leader europei e ostaggio di un Parlamento europeo che non dimentica la scelta dei capi di Stato e di Governo di bocciare gli Spitzenkandidaten.

Domani ci saranno le audizioni dei tre nuovi commissari designati – visto che le commissioni parlamentari competenti avevano bocciato i tre candidati designati dalla Francia, la Romania, l’Ungheria – e chissà se riusciranno ad essere “promossi” in modo che l’Europarlamento possa poi votare la Commissione nel suo insieme nella prossima sessione plenaria.

In questo momento i fari sono puntati sul commissario designato dalla Francia Thierry Breton, sul quale pendono molte questioni relative al conflitto di interesse circa la vendita delle sue azioni Atos.
L’eventuale bocciatura del francese sarebbe una seconda sconfitta per il presidente Emmanuel Macron: la prima l’aveva subita il mese scorso quando l’Europarlamento aveva fermato il suo commissario designato Sylvie Goulard (bocciata in audizione dai suoi ex colleghi parlamentari).

Del resto, era stato proprio Macron a “dichiarare guerra” al Parlamento europeo, mettendo in discussione, subito dopo le elezioni europee, il metodo degli Spitzenkandidaten (i gruppi parlamentari designano i loro candidati a presidente della Commissione). Quindi, una eventuale bocciatura di uno dei tre commissari o, addirittura, di tutta la Commissione presieduta da Ursula von Der Leyen, potrebbe riaprire i giochi e addirittura il Parlamento europeo potrebbe rivendicare con forza il metodo degli Spitzenkandidaten.

A questo punto ci sarebbe una partita a scacchi tra le due istituzioni europee: da una parte il Parlamento, unica istituzione eletta democraticamente, e dall’altra il Consiglio con il suo metodo intergovernativo e le decisioni prese dai capi di Stato e di governo dell’Ue.

Una cosa è certa: la nuova Commissione europea sarà in ogni caso ‘ostaggio’ del Parlamento, che per i poteri conferitigli dai trattati, potrà censurarla o farla dimettere (com’è già accaduto in passato con quella presieduta dal francese Santer).



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