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Altro che ordalie, il presidenzialismo salverà l’Italia

“Finalmente anche la sinistra italiana scaccia il tabù di un sistema forte e di un presidente dagli ampi poteri”, osserva Sofia Ventura, docente di scienze politiche all’Università di Bologna ed editorialista dell’Espresso. Che, assieme a costituzionalisti, esponenti politici bipartisan e semplici cittadini, era presente ieri a Roma all’avvio dell’iniziativa di raccolta di firme “Scegliamoci la Repubblica”, promossa da Giovanni Guzzetta.

Quali i vantaggi, elettorali e sistemici, del modello francese?
In primis produrre istituzioni forti, che siano capaci di decidere: ciò significa anche reclutare un personale politico di miglior livello che si metta in gioco per ottenere una posta alta. Ovvero un ruolo per il Presidente della Repubblica con forti poteri di governo.

E gli effetti sul sistema dei partiti?
Si tratta di una scelta che bipolarizza: l’unione combinata di un Capo dello Stato forte e del conseguente parlamento produce la bipolarizzazione che abbiamo apprezzato nel caso francese in maniera chiarissima. Per cui gli stessi partiti sono costretti a trasformarsi, quegli attuali sono arrivati alla frutta. Anche se in modi diversi, sono deboli e non riescono più a trasmettere forza e capacità alle istituzioni. E sicuramente la contingenza presidenziale costringerebbe Pd e Pdl a trasformarsi e riorganizzarsi.

Un endorsement di Romano Prodi sul Messaggero e un messaggio forte di Walter Veltroni all’iniziativa di Guzzetta: basteranno per non mancare l’ennesima (forse l’ultima) occasione di cambiamento?

No, perché le forze della reazione sono in agguato. Ma si tratta di due segnali molto rilevanti, in quanto evidenziano che, in particolare a sinistra, l’idea della figura presidenziale non fa più paura. Stefano Ceccanti ha fatto proprio riferimento a questo tabù della sinistra, anche se c’è chi ancora lo agita. È il caso di coloro che oggi hanno festeggiato il 2 giugno inneggiando alla più bella Costituzione del mondo: tanto bella, osservo, che ci ha portato a questo status quo. E penso ai vari Zagrebelsky, Rodotà e a coloro che ruotano attorno all’iniziativa di Libertà e Giustizia. Dimenticano, forse, che sono i sistemi deboli e non quelli forti a determinare la morte della democrazia.

Quale il passo successivo?
Il fatto che personalità così significative della sinistra come Prodi e Veltroni aprano in modo chiaro a questa opzione vuol dire che una base ideologica di convergenze esiste. Ovviamente non può essere sufficiente, però siamo un po’più speranzosi rispetto a qualche anno fa. Sembra ci sia una maggiore consapevolezza che si va diffondendo.

Da queste colonne il prof. Carlo Galli ha rilevato che conserverebbe volentieri la figura paterna del Capo dello Stato, mentre con il modello francese verrebbe smarrita e tutte le campagne elettorali si trasformerebbe in vere e proprie ordalie. Che ne pensa?
Con tutto il rispetto per Galli, che considero uno dei miei maestri, sono in disaccordo perché i ruoli di garanzia potrebbero essere ricoperti da altre istituzioni come la Corte Costituzionale. In questo la Francia è proprio un esempio calzante, dove il rafforzamento della figura presidenziale è stato accompagnato da quello del Conseil Constitutionnel che inizialmente era molto debole, forse troppo. Ma nel tempo sono andate rafforzandosi le modalità per utilizzare quel controllo. Ricordo che nelle democrazie funziona il gioco maggioranza-opposizione, comprese tutte quelle regole che attribuiscono un ruolo proprio all’opposizione. Non so se il prof. Galli pensa che in Francia o negli Stati Uniti ci siano delle ordalie: a me sembra ci siano delle composte competizioni elettorali.

Angelo Panebianco ha detto che le mancate riforme sono dovute ai “paracadute” Usa e Ue che hanno fatto cullare l’Italia: solo colpa degli altri?
Ha osservato che quei paracadute ci hanno consentito di sopravvivere con queste deboli istituzioni, non dimentichiamo che talvolta le decisioni erano prese altrove. Pensiamo per un attimo alla Guerra fredda, eravamo dentro un sistema che congelava le relazioni internazionali. Che, oggi, appaiono molto più complicate, ragion per cui non è fattibile pensare di appoggiarci ad un contesto internazionale. Quindi di istituzioni deboli non ce ne possiamo più permettere.

twitter@FDepalo



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