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Cambiare significa saper gestire le migrazioni di ogni tipo

È un mondo in continuo cambiamento e presto tutto non sarà come prima. L’umanità arriverà a otto miliardi di persone nel 2025 e a nove nel 2040. L’equilibrio sociale comporterà la creazione di due miliardi di nuovi posti di lavoro. Anche l’Italia dovrà attuare una politica equilibrata e lungimirante per gestire la pressione demografica esterna. Entro il 2030 si determinerà una situazione difficilmente gestibile per la somma di fattori demografici, economici, ambientali, cui si aggiungeranno la carenza d’acqua ed il rialzo dei prezzi alimentari. L’umanità è in continuo movimento. Circa 250 milioni di persone risiedono in un Paese diverso da quello in cui sono nati. Una migrazione che accompagna la storia del mondo e che oggi ha dimensioni senza precedenti.

Anche in Italia crescono le migrazioni. Succede da sud a nord all’interno del perimetro nazionale. Accade dall’esterno del Paese verso il suo interno: si tratta di flussi di stranieri che provengono dalle regioni poveri di tutto il mondo, dai paesi periferici dell’Europa, dal vicino mediterraneo, dalle zone disagiate dell’Asia, dell’Africa, dell’America latina. Sono quasi 5 milioni quelli che lavorano in Italia, svolgendo i lavori più umili che i nostri connazionali non fanno più. Ci sono poi gli italiani che cercano lavoro all’estero: giovani laureati, ricercatori, professionisti, imprenditori. Sono circa 100mila l’anno, un numero che è cresciuto di recente a seguito della crisi economica. Infine, ci sono i pensionati che decidono di andare a vivere all’estero alla ricerca di un clima mite o di un regime fiscale migliore. Sono circa mezzo milione di persone. Tutti questi movimenti permangono rispetto ad un paese come l’Italia che mantiene un tasso di disoccupazione molto alto.

Tutto ciò significa che la mano d’opera straniera qui da noi rimane indispensabile per garantire lavori che gli italiani hanno tralasciato, che l’integrazione di questi immigrati è strategica, che è un peccato impiegare risorse economiche per formare dei professionisti italici che poi trasferiscono all’estero le loro competenze, aumentando così il tasso di sviluppo ed innovazione degli altri. Quindi, qui da noi, bisogna aumentare la spesa pubblica e privata nella ricerca e nell’innovazione, soprattutto in ambito industriale. È evidente che siamo di fronte ad un cambio epocale che ci costringerà a vivere in un modo diverso da quello che è stato finora. Non potremo trovare i livelli di consumo di prima, ben al di sopra delle nostre possibilità. E così gli stili di vita, le dinamiche sociali, i sistemi di previdenza, i comportamenti personali e le abitudini collettive. E’ importante guardare in faccia la realtà e cambiare rimodulandoci. Non si potrà far finta di niente e puntare i piedi per fermare il corso delle cose. Dobbiamo esser pronti a reinventarci attraverso una nuovo coscienza collettiva per affrontare il futuro.


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