Il nuovo Campus della Bocconi a Milano rilancia un tema centrale per lo sviluppo dell’università e della città: dare visibilità ed efficienza funzionale alle istituzioni. L’università ha rappresentato nelle principali città europee, fin dalle sue origini, un luogo primario di prestigio e di valore e, come tale, di richiamo internazionale.
Nel secolo scorso, per un periodo abbastanza lungo, il campus universitario, al fine di poter ospitare l’insieme dei servizi per la didattica, per la ricerca, ma anche per il soggiorno di studenti e professori, è stato programmato quasi sempre al di fuori dei centri antichi, proprio per garantirgli una generosa dotazione di spazio. Ciò ha permesso lo sviluppo dei centri di ricerca, ma ha tuttavia allontanato il contatto con la vita della città che, al contrario, era alla base costitutiva dei primi collegi, già in epoca medievale. La loro collocazione nel cuore del tessuto urbano aveva permesso infatti di valorizzare l’impegno formativo dell’accademia.
La Bocconi ha scelto per la nuova sede della sua School of Management un’area ormai al centro della città, in precedenza occupata dall’ex Centrale del latte, e, soprattutto, vicina alla sede storica di Via Sarfati. Alla sua realizzazione si giunge attraverso un concorso vinto dallo Studio giapponese SANAA di Kazuyo Sejima, autore di opere importanti, premiato nel 2010 con il Pritzker Prize.
Tra le linee guida il committente aveva posto alcune condizioni, da soddisfare a garanzia sia della qualità architettonica dell’intervento che del valore aggiunto per la città. Ne deriva un progetto, moderno per concezione insediativa, impianto tipologico e scelta dei materiali, del tutto innovativi nel disegno delle superfici esterne dell’edificio e destinati ad assicurare il massimo comfort interno e la migliore sostenibilità gestionale. L’insediamento, che nasce dall’idea di combinare la concezione formale delle aree urbane limitrofe con la morbidezza di una fluida sistemazione esterna, risolve con chiarezza quanto richiesto dal committente: la contiguità di tutte le funzioni, non solo accademiche, necessarie alla vita dell’università; l’apertura dell’intero complesso alla città, offrendo le dotazioni culturali, ricreative e sportive anche agli abitanti del quartiere; infine, l’incremento dell’offerta residenziale, tanto necessaria sia per i fuori sede, che per ospitare chi viene dall’estero, studente e professore.
Il 25 novembre il presidente Mattarella ha inaugurato quest’opera, strategica per Milano, ma soprattutto molto significativa per il rilancio dell’attività formativa, finalmente orientata a ricostruire un dialogo serrato tra gli abitanti e la comunità accademica. L’evento giunge a completamento di un impegno molto coerente dell’amministrazione universitaria che ha proceduto, in modo trasparente, attraverso l’istituto del concorso internazionale, valutato da una giuria anch’essa internazionale, sostenuto dalla partecipazione finanziaria del Miur per la realizzazione delle residenze studentesche.
I fattori positivi di questa operazione, che nasce dal desiderio di arricchire la città con un’opera moderna, sono evidenti e, soprattutto, rassicurano sulla volontà di investire nell’architettura di qualità, l’unica risorsa capace di avvicinare gli utenti e, proiettandoli in un ambiente accattivante e vivibile, trasformarli nei principali custodi degli spazi realizzati. La protezione dal degrado, molto più che a operazioni di sicurezza, va infatti affidata alla chiarezza funzionale e al valore estetico dell’opera, nonché alla collaborazione della cittadinanza.