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Se il socio cinese di Cdp può staccare la luce alle Filippine

Usa

E luce (non) fu. Secondo un report riservato di cui è entrata in possesso la Cnn la Cina avrebbe in mano l’interruttore per poter spegnere da remoto il sistema energetico delle Filippine. Gran parte della capacità energetica del Paese, rivela il documento, è “sotto il pieno controllo” del governo comunista cinese che dunque è “pienamente in grado di interrompere i sistemi energetici nazionali”.

LO SCOOP DELLA CNN

La dipendenza da Pechino è dovuta alla proprietà, da parte della compagnia cinese State Grid Corporation, del 40% della National Grid Corporation of the Philippines (Ngcp), gruppo che nel 2009 a seguito della privatizzazione ha ricevuto in appalto la distribuzione energetica del Paese. La Ngcp oggi trasporta energia dagli impianti al 78% delle case dei 105 milioni di filippini. L’intero sistema, denuncia il report, è “gestito da operatori stranieri (cinesi) a livelli critici”. Anche i cavi sottomarini che uniscono gli impianti delle diverse isole sono in mano ad aziende cinesi. “Le operazioni critiche del sistema sono tutte sotto il controllo di operatori stranieri – sia a livello locale che all’estero”.

COS’È STATE GRID

State Grid è il più grande operatore energetico cinese ed è di proprietà del governo. La presidenza di Xi Jinping ne ha fatto negli anni un cruciale vettore geopolitico, affidandole un ruolo primario nella costruzione della rete energetica dietro ai progetti della Belt and Road Initiative (Bri). In Europa State Grid vanta una consolidata presenza. Alcune operazioni sono state bloccate da governi europei per questioni di sicurezza. È il caso, nel 2018, dell’acquisto di una quota della tedesca 50Hertz bloccata dal governo tedesco.

L’ITALIA E IL CASO CDP RETI

Nel 2014 State Grid International Europe ha acquistato il 35% del capitale sociale Cdp Reti, controllata di Cassa Depositi e Prestiti, per più di 2 miliardi di euro. L’investimento, concluso nel 2014 quando a capo del governo italiano c’era Matteo Renzi, attirò le critiche di molti addetti ai lavori (anche dall’estero) non solo per il prezzo al di sotto della media del mercato ma anche per la minoranza di blocco che di fatto veniva consegnata ai cinesi in Cdp Reti, una holding strategica che controlla tre infrastrutture energetiche critiche del Paese, Snam, Terna e Italgas. Fece in particolare discutere la mancata applicazione del cosiddetto golden power del governo a causa dell’assenza di un decreto attuativo che venne firmato da Renzi solo in un secondo momento.

IL MONITO PER ROMA

A distanza di cinque anni l’inchiesta della Cnn nelle Filippine rivela il modus operandi del socio cinese di Cdp Reti, volto a un controllo dell’infrastruttura strategica che va ben oltre quello concesso dall’investimento nel capitale. Un campanello d’allarme che dovrebbe risuonare in Italia, dove fino a pochi giorni fa si discuteva di una possibile cessione di un’infrastruttura cruciale come l’Ilva ai cinesi di British Steel.

LO ZAMPINO DI HUAWEI

L’Italia è doppiamente chiamata in causa perché un’azienda con cui l’attuale governo intrattiene solidi rapporti istituzionali, la cinese Huawei, leader mondiale nel settore It accusata dagli Stati Uniti di spionaggio industriale, è la co-protagonista dello scandalo scoppiato nelle Filippine.

Secondo il report rivelato dalla Cnn, da quando ha acquisito una parte della rete la cinese State Grid ha progressivamente sostituito la tecnologia installata con prodotti di Huawei. La sua tecnologia presente nella rete filippina è “completamente proprietaria”, ovvero può essere manutenuta solamente da ingegneri cinesi. Alcuni dei manuali di istruzioni, in aperta violazione della legge, sono interamente in lingua cinese.

In mano a Huawei, in particolare, è la gestione del sistema Scada (Supervisory control and Data Acquisition) che permette di monitorare sottostazioni e altre componenti critiche come i trasformatori. “Nessuno degli ingegneri locali è addestrato o abilitato ad utilizzare il sistema”. L’invito finale del rapporto al governo di Rodrigo Duterte è di riappropriarsi del controllo e della supervisione delle infrastrutture critiche nazionali nel settore energetico.

PECHINO NEGA

La rivelazione della Cnn sulla rete energetica nazionale delle Filippine ha dato il via a una serie di opposte reazioni. Netta la smentita del ministero degli Esteri cinese, cui si è accodata Huawei, che dichiara di essersi “sempre strettamente attenuta a tutte le leggi e regolamenti applicabili”. Il dibattito ha preso piede nel Parlamento filippino, con più di un senatore dell’opposizione a chiedere un’inchiesta indipendente sul caso sollevato.

LE RAGIONI (GEO)POLITICHE DELL’AFFARE

Nessuna dichiarazione ufficiale, per il momento, da parte del governo, che si mantiene prudente. Non è un mistero che l’esecutivo di Duterte goda di buoni rapporti con il governo cinese. Il feeling diplomatico è nato all’indomani di una lunga diatriba territoriale nel Mar Cinese Meridionale con oggetto una serie di arcipelaghi rivendicati da entrambe le fazioni. Nonostante il Tribunale internazionale penale dell’Aja abbia riconosciuto ragione alle Filippine con una sentenza nel 2016, il presidente Xi si è sempre rifiutato di rinunciare alla sovranità sulle isole contese.


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