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Il Paese dov’è ripartita la rumba

Di tutto si può in questo momento, ma non ballare. Soprattutto se si hanno responsabilità di governo. Il sistema ha bisogno di stabilità politica: serve a chi produce, a chi lavora, agli investitori esteri e a chi cerca di capire cosa accade nel Paese. Eppure, nonostante la crisi da cui non si riesce a risollevarsi, è ripartita la solita musica. Pareva ascoltarla nel leggere uno dei tanti rumors, colto da Largo del Nazzareno e prontamente rilanciato nei giorni scorsi da un noto quotidiano on line. “Raccontano – c’era scritto – che, a metà giornata, Nicola Zingaretti, di fronte a un nuovo impazzimento del quadro, ha così commentato, quasi allargando le braccia: È ripartita la rumba”. In una celebre canzone di Paolo Conte, “Dancing”, pare “che la rumba sia soltanto un’allegria del tango”. Ma nella vicenda politica è il livello discordante delle dichiarazioni tra le parti che compongono l’esecutivo ed il loro costante alzarsi di tono a far temere che come è ripartita, la musica possa finire. E che non si balli più.

La diversità è sinonimo di ricchezza e pluralità in ogni associazione di persone che svolgono funzioni nella comunità. In questo caso si possono governare tempi ambivalenti; ci si poggia sull’azione di risorse che abbiano ritmi e capacità molteplici; dove ognuno impari ad agire con spartiti, strumenti, e musicisti capaci di ballare rumba, tango o altro sull’equilibrio delle molteplici varianti.

Ma quando si hanno responsabilità di governo, essendo parte essenziale dell’esecutivo stesso, occorre un’azione uniforme, monolitica, comprensibile. Per paradosso, ci vogliono posizioni comuni espressi in tempi brevi, caratterizzate da una formulazione quasi standardizzate relative a processi, procedure, organizzazioni, decisioni. Quando si stabilisce una coalizione per reggere un assetto di governo, il compromesso deve essere sempre ex ante e solo in casi rarissimi ex post. Il coraggio della coalizione significa sacrificare qualcosa rispetto a quello che si vuole ottenere. Si tratta di una scelta che si fa prima non dopo. Quell’andare contro tutti spesso è incoscienza e velleità. Meglio applicare sane dosi di understatement.

Dalla politica, mai come ora ci si aspetta soluzione ai problemi, il rispetto degli impegni presi, l’applicazione delle regole fissate. E tutto ciò dovrebbe accadere nella consapevolezza che il destino negativo non è dato dal modo urlato di come si affronta il problema ma nell’incapacità reale di riuscire a risolverlo.

Purtroppo, i continui appelli fatti al senso e all’uso di responsabilità non fanno che richiamare tutta la loro inefficacia ed il vuoto di riferimenti per renderli plausibili.

Per sapere a chi e di cosa si deve rispondere in questo Paese servirebbe il sano silenzio di forze tranquille, anziché quell’inopportuna musica che “fan di me un orango, che si muove con la grazia di chi non convinto che la rumba sia soltanto un’allegria del tango”.


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