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Il governo è un invalido permanente, ma staccare la spina non basta. Parola di Arturo Parisi

Il governo? “Un invalido permanente”. Staccare la spina? “E poi? Onestamente non vedo né all’interno della maggioranza di governo, né lungo la catena di comando che dall’Europa arriva fino a Conte nessuno determinato a farlo”. Non è buona la prognosi del governo giallorosso fatta da Arturo Parisi in una conversazione con Formiche.net, ideatore dell’Ulivo assieme a Romano Prodi, tra i padri fondatori del Partito democratico nonché sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Prodi I e ministro della Difesa del Prodi II. Per rianimare il paziente, suggerisce Parisi, sono necessari tre passaggi. Ecco quali.

Come legge le fibrillazioni interne al governo, dialettica politica o il rischio che la maggioranza non regga è concreto?

Fibrillazioni? È dalle regionali dell’Umbria, quelle che secondo Conte avrebbero avuto lo stesso peso di un voto per la provincia di Lecce, che andiamo avanti a vertici e fibrillazioni continue. Lo sento dire da troppi come se nulla fosse. Come spesso ci capita, anche in politica usiamo metafore senza trarne le dovute conseguenze. E dire che la scienza medica ci avverte che il coagulo prodotto dai ristagni di sangue a valle delle fibrillazioni può spostarsi dal cuore e viaggiare all’interno dei vasi causando un’ictus al cervello.

Quindi la morte del governo?

Questo non comporta di necessità un esito letale. Né di questo governo e neppure della legislatura come ci insegna l’esperienza delle legislature del passato. Ma una invalidità permanente o il suo ulteriore aggravamento è purtroppo da mettere in conto. Anche se, pensando al modo in cui questo governo è stato concepito e alla sua gestazione, è già molto che si sia arrivati al primo trimestre di gravidanza.

Alcuni pensano che “rianimare il paziente”, per restare all’interno della sua metafora, non sia possibile. Pierluigi Castagnetti si è chiesto, su Twitter, se non sia il caso di “staccare la spina”…

Staccare la spina? E poi? Onestamente non vedo né all’interno della maggioranza di governo, né lungo la catena di comando che dall’Europa arriva fino a Conte nessuno determinato a farlo. Per “staccare la spina” del governo e ancor più della legislatura c’è bisogno di una disperazione insuperabile o di una speranza plausibile che alimenti un disegno capace di andare oltre il pantano di acqua tiepida e sporca nel quale ci stiamo crogiolando.

Sempre Castagnetti ha fatto un’osservazione: “Se si sciogliesse il Parlamento a gennaio si andrebbe a votare con la Finanziaria approvata, prima che la Corte esamini il referendum-Salvini e prima che entri in vigore la riduzione del numero dei parlamentari”. Come vede questa prospettiva?

Il Castagnetti che lei cita sembrerebbe accontentarsi di evitare il referendum di Salvini, e il taglio dei parlamentari condiviso dal Pd con i 5 Stelle. Ma come speranza al Paese non basta e come disperazione è ancora inferiore alla somma dei solidi interessi individuali di chi in questo momento siede al governo e in Parlamento. Per quanto mal collegata, se la spina verrà staccata, soprattutto quella della legislatura, sarà a causa di qualche movimento maldestro di qualcuno di quelli che si agitano nel tenere in vita il paziente lasciandolo tuttavia nel reparto di rianimazione.

Cosa serve, secondo lei, per dare speranza al Paese, allora? Per rianimare il paziente e far andare avanti l’Italia in un momento così delicato?

Primo, riconoscere il pantano tiepido e sporco nel quale siamo finiti, assieme al come, e al perché ci siamo finiti. Per carità di Patria mi asterrei dal chi. Ben altro era trent’anni fa il potenziale del Paese quando, con la caduta del Muro di Berlino, iniziò quella che chiamavamo transizione. Ben altro sul piano demografico, economico, culturale e ideale. Un potenziale che abbiamo in gran parte sprecato.

Secondo?

Secondo, sollevare, ognuno e tutti assieme, lo sguardo oltre l’orizzonte della nostra condizione e sopravvivenza. Un tempo si diceva pensando ai nostri figli. Ora dovremmo dire pensando al nostro figlio, o ancora meglio figlia, per chi ce l’ha e ancora l’ha in Italia. Terzo, scommettere sul confronto e la competizione tra le energie residue. Sempre più residuali. Confronto e competizione tra proposte per il governo. Anche se nell’immediato la nostra parte e la nostra proposta dovesse soccombere.

Contano le proposte, insomma…

Le proposte assieme ai proponenti. Ma quello che innanzitutto conta è che chi vince oggi sia preparato e in condizione di andarsene all’indomani: con le buone, nel rispetto della legge, e dentro le regole della democrazia. Come vede, tutto il contrario dello scenario che si prospetta e già da tempo incombe. Con governi ricoverati in rianimazione in condizione di invalidità permanente, col Paese governato da fuori, da sopra e dall’ombra. E un Parlamento impotente e rissoso e, con l’aiuto del perfezionamento della regola e della spartizione proporzionale, sempre più frammentato, a garanzia e in rappresentanza di un Paese in frantumi.



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