Terra, Acqua, Aria, Fuoco. Due millenni e mezzo fa, Aristotele aveva risolto così il problema di catalogare tutte le sostanze conosciute: non erano che combinazioni, in diverse proporzioni, di questi quattro elementi fondamentali. Questa teoria sopravvive felicemente fino al XV secolo, quando Paracelso le oppone la teoria dei tria prima. Secondo il padre degli alchimisti, gli elementi fondamentali da cui derivano tutti gli altri sono solo tre. Non li indovinerete mai: sono Sale, Zolfo e Mercurio.
Dobbiamo aspettare fino al 1661, quando Robert Boyle – nel suo libro Il chimico scettico – dimostra l’inconsistenza sperimentale delle teorie precedenti e ipotizza che le sostanze sono formate da particelle che differiscono fra loro per dimensioni, forma, disposizione e movimento. Passano altri due secoli di tumultuose sfide fra scienziati – che si attaccano a colpi di teorie e si difendono a colpi di esperimenti.
Nel 1864 arriviamo a Lothar Meyer, che riesce a ordinare 44 dei 57 elementi allora noti in ordine di valenza. Passa solo un anno e nel 1865 John Newlands propone di catalogarli in ordine di peso atomico crescente, notando una curiosa periodicità: sembra proprio che le proprietà chimico-fisiche degli elementi conosciuti si ripetano più o meno a gruppi di otto, proprio come le ottave musicali. Mistero…
Purtroppo però, le proposte di Meyer e Newlands non consentono né la corretta catalogazione in base alle proprietà degli atomi noti, né la previsione di nuovi elementi ancora non scoperti. Ed ora facciamo un altro passo in avanti di soli cinque anni ed arriviamo ad una gelida mattina di mercoledì 17 febbraio 1869. Ci troviamo in un appartamento nei pressi dell’Università di San Pietroburgo. Quella mattina, il professor Dmitrij Ivanovic Mendeleev non deve fare lezioni ma ha in programma di visitare dei caseifici per studiare come migliorare i processi di fermentazione che portano il latte a trasformarsi in formaggio. Ma con la bufera che soffia fuori dalle finestre…diciamo che non muore dalla voglia di andare in giro per la campagna ghiacciata…
Per trovare un buon motivo per restare al calduccio, ritira fuori un suo vecchio progetto: cercare una sistemazione degli elementi noti in base al loro peso atomico ed alla loro valenza. Già a colazione scarabocchia alcune combinazioni di elementi sul retro di una lettera appena ricevuta. Lo sappiamo per certo perché questo foglio – come tutti gli altri fogli usati quel giorno – è conservato nel suo studio all’Università di San Pietroburgo e mostra ancora oggi una patacca circolare lasciata dal bicchiere del tè…
Il nostro insiste con numerosi tentativi e – trovata una perfetta scusa per lasciar perdere le visite ai caseifici – aggiunge legna nella stufa e decide di concentrarsi sul suo lavoro sistematico. Scrive su una marea di fogli provando a trovare una logica comune moltiplicando o dividendo i pesi atomici per le valenze, cercando di individuare dei multipli comuni che spieghino le differenze nei pesi atomici e, insomma, prova un sacco di combinazioni. Essendo appassionato di solitari di carte, gli viene poi l’idea di scrivere su un foglio nome, peso atomico e valenza di un elemento, scrivere su un altro foglio le proprietà di un altro e andare avanti così finché non ottiene 63 tessere, ciascuna con uno dei 63 elementi allora noti.
Poi prova a distribuirli sul tavolo in modo logico, proprio come si fa con i più comuni solitari di carte. Passano le ore senza risultati… E al tramonto il professore è sfinito: decide di andare a fare un pisolino. Dopo aver passato tutta la giornata a tentare di capire la logica che si nasconde dietro le proprietà degli elementi, appena addormentato cosa sogna? Ma naturalmente tutte le sue tessere. Racconterà proprio all’amico Aleksandr Aleksandrovich Inostrantsev di questo sogno – ma è meglio se lo chiamiamo incubo – in cui le tessere gli vorticano in testa. Poi all’improvviso si sveglia, e corre al tavolo dove aveva lasciato sparpagliate le tessere degli elementi. Ancora qualche febbrile giro di carte e questa volta il “solitario” gli viene al primo colpo: la sera del 17 febbraio 1869 è nata la Tavola Periodica.
Lungo le righe ci sono i “gruppi” che contengono elementi con proprietà chimiche simili, lungo le colonne i “periodi”, che mettono in fila gli elementi ordinati per peso atomico crescente. Ma lo scienziato russo ha l’intuizione di inserire degli spazi vuoti all’interno della tabella dove in futuro saranno piazzati gli elementi che ancora non si conoscono; dando così alla sua tavola un vero e proprio potere di previsione delle scoperte future. Nel 1869, si conoscevano solo 63 elementi. Oggi siamo arrivati a 118. C’è chi dice che li abbiamo scoperti già tutti e c’è chi sostiene che ce ne siano tanti altri ancora da sintetizzare, ma questa è un’altra storia.
Concentrandosi sui buchi nella sua tabella, Mendeleev fu in grado di prevedere il peso atomico approssimativo e le proprietà di questi elementi non noti. E quando questi vennero scoperti o prodotti artificialmente e si misurarono le loro proprietà, si scoprì che ci aveva azzeccato, o almeno ci era andato molto vicino. Ad esempio, lo spazio vuoto dopo l’Alluminio 13, che Mendeleev battezzò provvisoriamente eka-Alluminio di possibile peso atomico 68, fu poi occupato dal Gallio 31 (peso atomico 69,7) scoperto da Paul Emile Lecoq nel 1875.
Anche quando furono scoperti i gas nobili, è bastato aggiungere un gruppo in fondo alla tabella e tutto si è incastrato di nuovo correttamente. In quella gelida giornata che non invogliava ad andare in giro per caseifici, chiuso nella sua stanza Dmitrij Ivanovic Mendeleev inventò uno strumento teorico efficacissimo che non solo ribalta le conoscenze del momento e cataloga gli elementi fino allora conosciuti, ma consente soprattutto di fare delle previsioni. Per questo lo storico della scienza John D. Bernal lo ha definito “il Copernico della chimica”.