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Vi spiego perché Salvini e Renzi si sono convertiti al proporzionale. Parla D’Alimonte

Addio maggioritario. Alla fine tutti, ma proprio tutti, anche Renzi e Salvini, i due “Mattei” da sempre sostenitori del motto “chi vince governa”, si sono convertiti al proporzionale. Perfino il leader della Lega, che sul maggioritario “all’inglese” ha montato una campagna referendaria, ora è disposto a scendere a patti. Perché? “Con un proporzionale spagnolo il centrodestra potrebbe puntare alla maggioranza dei seggi – risponde a Formiche.net Roberto D’Alimonte, direttore del Cise (Centro italiano di studi elettorali) alla Luiss. Il Paese ha bisogno di stabilità, dice il padre dell’Italicum, ma nessuno oggi vuole l’unico sistema che potrebbe garantirla: un maggioritario a doppio turno di lista. I Cinque Stelle sarebbero costretti a scoprire le carte delle alleanze prima del voto. E Salvini teme di far la fine di Marine Le Pen.

Professore, sembra che anche Salvini si sia convertito al proporzionale.

L’intervista di Salvini al Corriere della Sera lascia molti interrogativi aperti. Il leader della Lega apre al proporzionale e al tempo stesso auspica un sistema elettorale in cui si sappia chi governa la sera delle elezioni. C’è un’evidente contraddizione.

Anche perché la Lega è ancora impegnata nella battaglia per un maggioritario all’inglese.

Così pare. Ma Salvini non ama parlare di questi temi. Sa che sono importanti, ma sa anche che agli elettori non interessano. Pubblicamene preferisce parlare dei problemi della gente, non di astruse formule elettorali.

Quante chances ha il referendum della Lega di superare l’esame della Corte Costituzionale?

Una premessa è d’obbligo. Le sentenze della Consulta sulle questioni elettorali hanno sempre una rilevante componente politica. Detto ciò, non ho idea di quale sarà la decisione. In ogni caso io credo che il sistema elettorale britannico, che è quello che verrebbe introdotto nel caso di approvazione del referendum leghista, non sia adatto al nostro Paese.

Perché?

Produrrebbe una distorsione molto alta fra percentuale di voti e percentuale di seggi. Ben più ampia di un sistema maggioritario di lista a doppio turno di cui sono da tempo fautore. In breve, sarebbe troppo disproporzionale.

È ancora convinto che il doppio turno di lista possa funzionare?

Questo paese ha bisogno di stabilità politica e il sistema a doppio turno di lista, più ancora del cosiddetto sistema francese, è quello che concilia al meglio rappresentatività e stabilità. Senza stabilità dei governi non potrà mai esserci buon governo. Siamo riusciti a stabilizzare i governi comunali e regionali. Ormai le giunte regionali e comunali rimangono in piedi per cinque anni, con poche eccezioni. I governi nazionali invece per una media di un anno e mezzo o due. Così è impossibile mettere in campo le riforme necessarie al Paese.

C’è qualche partito disposto a supportarlo?

Solo il Pd, o meglio, una porzione del Pd. Salvini si è convinto che un doppio turno di lista metterebbe in difficoltà la Lega. Qualcuno lo ha convinto che al ballottaggio tutti si coalizzerebbero contro di lui, come è successo in Francia con il Front National. Pensa di finire come Marine Le Pen. Ma sbaglia.

E i Cinque Stelle?

Di Maio continua a ripeterlo: il Movimento vuole essere ago della bilancia. Questo esclude a priori sistemi elettorali in cui si dica agli elettori prima del voto con quale partito si vuole formare una coalizione. Con un proporzionale questa decisione è rimandata dopo le urne. E così il “partito del popolo”, quello della democrazia diretta, vuole sottrarre al popolo la possibilità di decidere chi governa il Paese.

Ha notato che anche Renzi ha abbandonato il maggioritario?

Non mi sorprende. Quando sei il leader di un partito a vocazione maggioritaria sei a favore di un maggioritario. Quando hai uno zoccolo del 5% no. Renzi però non solo non è più a favore di un maggioritario, ma nemmeno di un sistema proporzionale “spagnolo”, che è il modello a cui invece sta puntando Salvini, o meglio Roberto Calderoli, il vero esperto di leggi elettorali del Carroccio.

Di cosa si tratta?

È un sistema proporzionale corretto su cui si confronteranno i partiti della maggioranza e quelli della opposizione. La partita si giocherà sui dettagli.

Quali sono le opzioni in campo?

La prima opzione è un sistema elettorale, con una soglia di sbarramento esplicita e nazionale, in cui i seggi sono assegnati a livello nazionale e redistribuiti al livello delle circoscrizioni. La soglia oscillerebbe fra il 5% che piacerebbe al Pd e il 3% chiesto da Leu.

L’altro scenario?

Un sistema proporzionale in cui i seggi sono assegnati al livello di circoscrizioni regionali, subregionali o multiregionali. In questo caso vale una regola aurea: più piccole sono le circoscrizioni, cioè meno sono i seggi che si assegnano in ogni circoscrizione, più il sistema elettorale è disproporzionale. Se ci sono tante piccole circoscrizioni, e in ognuna di queste pochi seggi in palio, il sistema è fortemente distorsivo.

E favorisce i partiti più grandi…

Esatto. È il caso della Lega e di tutti i partiti medio-grandi.

Ricapitolando: tutti, o quasi, saranno d’accordo per un sistema proporzionale “spagnolo”. Il nodo da sciogliere riguarda il numero, e le dimensioni, delle circoscrizioni.

No. Un sistema del genere non va bene ai piccoli partiti che preferirebbero un proporzionale “nazionale” con soglia bassa. Alla fine, se una riforma si farà, credo che si troverà un compromesso su circoscrizioni mediamente piccole ma con qualche circoscrizione più grande. In Spagna son Madrid e Barcellona, in Italia ad esempio potrebbero essere Roma e Milano. In queste circoscrizioni i partiti più piccoli potranno ottenere qualche seggio, una specie di diritto di tribuna. Con un sistema del genere il centrodestra potrebbe puntare alla maggioranza assoluta dei seggi. È per questo che Salvini si è convertito al proporzionale.

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