Tre libri, il De bello gallico di Giulio Cesare, Macbeth di Shakespeare, La mafia di un villaggio siciliano di Anton Bloc, e un grande film di Francesco Rosi, Le mani sulla città, che messi insieme spiegano come si può condurre al fallimento con strumenti extraeconomici un istituto economico e forniscono la cura per la Popolare di Bari. A suggerirli in una conversazione con Formiche.net è Giulio Sapelli, storico ed economista con un passato come vice presidente nell’istituto di credito commissariato venerdì da Bankitalia. Le sorti della banca pugliese verranno decise questa sera nel Consiglio dei ministri convocato alle 21 per approvare il testo del decreto salvataggio dopo giorni di tensioni, con il vertice di venerdì sera disertato da Italia Viva e Movimento Cinque Stelle, e appena in tempo prima della riapertura dei mercati di lunedì mattina.
“Il governo deve chiudere questa sera assolutamente. Una soluzione va comunicata prima della mezzanotte per garantire domattina la tranquillità dei risparmiatori e della banca in tutte le sue filiali e impedire che accadano scene di panico”, commenta Sapelli. In gioco c’è il destino del Mezzogiorno, messo già recentemente a dura prova: “C’è un mix che potrebbe segnare la fine del mezzogiorno tra la gravissima crisi dell’Ilva, quella che è una delle ultime dorsali dell’economia industriale italiana, e quella del suo più grande istituto, con radici territoriali, la Pop Bari, che pure aveva avuto un’espansione che io considero innaturale in questi ultimi anni”.
L’intervento del governo dovrebbe prevedere una ricapitalizzazione di MedioCredito centrale, tramite la controllata Invitalia, per un ammontare di almeno 500 milioni, a cui potrebbero aggiungersi altri 500 milioni per ulteriori garanzie sulla liquidità. E a questo intervento dovrebbe aggiungersi anche il Fondo interbancario.
Ma problema per Sapelli non è solo salvare la Popolare di Bari. “L’Italia ha bisogno di un comitato di salvezza nazionale. Salvare la Bari significa salvare il precario equilibrio italiano. Mi pare che le linee tecniche si siano trovate, il decreto governativo ipotizzato e l’istituto Mcc mi pare vadano bene. In questo modo si può chiedere anche la ricapitalizzazione con dei fondi privati. Ma resta essenziale la qualità delle persone che vengono chiamate”, sottolinea l’economista.
“Si parla molto di questo istituto, Mediocredito centrale, si intervenga lì, e nel frattempo si curi molto la scelta delle persone che vengono chiamate perché mi pare che le vicende di questi anni ci dimostrano che quale che sia l’intervento che si vada a fare, è fondamentale la caratura delle persone che vengono chiamate a risolvere i problemi. Conta la qualità dei manager e l’altezza etica e intellettuale. La Carige se non avesse avuto un uomo avveduto come Pietro Modiano non si sarebbe salvata”, commenta Sapelli.
E contano anche le parole. “In questo clima di ferocia tutti noi dovremmo stringerci intorno alla Banca d’Italia e all’Autorità di vigilanza. Ritengo le comunicazioni del governo che hanno voluto mettere contro banchieri e risparmiatori molto gravi. Aver detto “salveremo i risparmiatori e non i banchieri” è una frase di una gravità istituzionale inaudita. Come se i banchieri fossero tutti un’entità malvagia”. Sapelli fa riferimento alle parole pronunciate dal premier Conte parlando della crisi della Banca Popolare di Bari durante la conferenza al ministero della Salute per i 100 giorni di governo: “Massima tutela per i risparmiatori, ma non tuteleremo nessun banchiere, anzi, non possiamo permettere che queste situazioni non abbiano nomi e cognomi”.
In una intervista al Corriere della Sera, il ministro degli Esteri è tornato invece a chiedere la nazionalizzazione e la “banca pubblica degli investimenti”. Ma per Sapelli nazionalizzare l’istituto è una visione primitiva: “Ci sono molte vie di mezzo. Se nazionalizzassimo l’istituto ci metteremmo contro le regole europee. So benissimo, e sono stato il primo a dire che in Europa si usano due pesi e due misure, che abbiamo appena salvato la Norddeutsche Landesbank (NordLB) nel nord della Germania con i soldi pubblici. Ma pensare di nazionalizzare tout court è una stupidità. Abbiamo degli istituti che consentono di intervenire. Il cosiddetto amministrare per enti di cui scrisse un libro indimenticabile Donatello Ferrani (Il potere per enti, ndr) che è poi il modello della Cassa depositi e prestiti. Usciamo dalla pubblica amministrazione, dallo Stato imprenditore diretto ed operiamo con degli enti che posssono ricapitalizzare la banca senza cadere nel presupposto degli aiuti di Stato”.