Il governo apre ufficialmente il paracadute per la Popolare di Bari, la banca commissariata lo scorso venerdì da Bankitalia, a seguito di gravi perdite patrimoniali che rischiavano di comprometterne la continuità. Nella serata si è riunito il Consiglio dei ministri chiamato a varare il decreto con cui formalizzare l’intervento pubblico propedeutico al salvataggio dell’istituto, tra i maggiori del Mezzogiorno.
Le previsioni della vigilia sono state confermate visto che si profila un salvataggio della Popolare a trazione pubblica e che richiama alla mente un altro intervento strutturale nel sistema bancario. Quello effettuato nel 2017 su Mps, affossata, ma non solo, da contratti spericolati quali Santorini e Alexandira e per questo nazionalizzata a cavallo del 2016 e 2017, mediante l’ingresso del Tesoro nel capitale (68%). Ora, lo schema messo a punto per la Popolare, uscito a tarda serata da Palazzo Chigi è un po’ più complesso, a metà strada tra l’operazione Mps e il salvataggio di Carige. E apre anche nuovi scenari.
Tutto parte da un finanziamento ad Invitalia, società del Mef e controllante del Mediocredito centrale, il veicolo scelto con cui salvare la banca pugliese. L’esecutivo garantirà una iniezione “fino ad un importo complessivo massimo di 900 milioni per il 2020”, si legge, per rafforzare il patrimonio del Mediocredito centrale e caricarlo delle munizioni necessarie per affrontare la crisi della Popolare, figlia di una perdita 2018 pari a 420 milioni di euro. Parte di questi soldi, tra i 500 e i 700 milioni, andranno a costituire il grosso dell’aumento di capitale da 1 miliardo necessario a evitare il crack della banca. Il resto, 3-500 milioni, lo metterà il Fondo interbancario, ovvero le banche italiane, reduci dall’importante salvataggio di Carige (900 milioni), altro istituto 1.200 chilometri a nord, finito nei guai questa estate e riammesso in Borsa proprio due giorni fa.
Lo schema porta dunque a una nazionalizzazione della Popolare, seppur indiretta e mediata dalla presenza di Invitalia e Mcc e frutto della triangolazione Mef-Invitalia-Mcc. Di Mps c’è l’intervento pubblico, di Carige quello della banche riunite nel Fondo interbancario. La certezza è che al termine della ricapitalizzazione, Mcc, comunque sia un ente pubblico al 100%, diventerà il principale azionista della banca.
Ma c’è un altro aspetto che vale la pena sottolineare. Il decreto per la Popolare di Bari, apre la strada a quella Banca per gli investimenti che il M5S ha sempre idealizzato nei suoi programmi. Una specie di propulsore per l’economia del Meridione. Un passaggio del decreto infatti spiega come come l’iniezione di capitale nel Mcc avvenga anche “affinché questa promuova, secondo logiche di mercato, lo sviluppo di attività finanziarie e di investimento, anche a sostegno delle imprese nel Mezzogiorno, da realizzarsi anche attraverso il ricorso all’acquisizione di partecipazioni al capitale di società bancarie e finanziarie, e nella prospettiva di ulteriori possibili operazioni di razionalizzazione di tali partecipazioni”.
Il senso è chiaro. L’ingresso nella Popolare di Bari con l’obiettivo di salvarla è anche la testa di ponte per la creazione della Banca per gli investimenti. Il Mcc, potenziato dai denari iniettati da Invitalia, potrebbe portare avanti una serie di acquisizioni, a cominciare dalla Popolare di Bari, per diventare quella grande realtà pubblica sognata dai grillini. Non è un caso che lo stesso decreto sia denominato Misure urgenti per la realizzazione di una banca di investimento.