Sul caso della Popolare di Bari, appena salvata dal governo con apposito decreto (qui l’articolo), arriva la versione di Bankitalia, ovvero della vigilanza. La quale traccia anche una prospettiva sugli impatti della crisi che ha colpito la banca pugliese. Via Nazionale ha pubblicato oggi un lungo approfondimento dedicato al caso della Popolare, finita in crisi patrimoniale dopo una perdita (2018) di oltre 400 milioni di euro.
I RISCHI DI UNA LIQUIDAZIONE
Tanto per cominciare, che cosa succederebbe se la banca venisse liquidata? Come a dire, la banca va salvata a tutti i costi. “Nell’ipotesi in cui si dovesse pervenire a uno scenario liquidatorio con rimborso dei depositanti (senza cessione di attività e passività ad un altro intermediario), le ricadute del dissesto sarebbero assai rilevanti, sia sul tessuto economico sia sul risparmio locale”. E questo perché “la liquidazione implicherebbe innanzi tutto l’azzeramento del valore delle azioni che esacerberebbe il contenzioso legale con i soci”. D’altronde, alla Popolare di Bari fanno capo poco meno di 600 mila clienti, tra cui oltre 100 mila aziende. A queste ultime è riferibile circa il 60% degli impieghi (intorno a 6 miliardi). I depositi da clientela ammontano a 8 miliardi di euro, di cui 4,5 miliardi di ammontare inferiore a 100.000 euro “e come tali protetti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd)”. E dunque, “la cessazione dell’attività della banca implicherebbe il blocco dell’operatività con forte pregiudizio della continuità di finanziamento di famiglie e imprese. Gli impatti sul territorio sarebbero considerevoli, anche alla luce della cospicua quota degli impieghi erogati dalla banca nelle regioni di insediamento”.
LA VIGILANZA IN QUESTI ANNI
A proposito della vigilanza svolta da Bankitalia sulla Popolare, Palazzo Koch precisa che un primo accertamento ispettivo nel 2010 si concluse con una valutazione ”parzialmente sfavorevole”. Poi una ventina di passaggi e verifiche, con ”continui scambi informativi con la Consob conditi da numerose e continue interlocuzioni con l’autorità giudiziaria e l’aggravamento della situazione aziendale della Popolare di Bari più volte portata all’attenzione anche del ministro dell’Economia, con lettere del 27 febbraio, 23 maggio, 2 ottobre e 26 novembre“. In altre parole, nel suo documento, Bankitalia ripercorre la cronistoria della Popolare di Bari dal 2010 a oggi. A inizio 2019 fissa l’ultimo stallo gestionale, a febbraio 2019 la comunicazione al governo gialloverde della gravità della situazione.
“Nella prima metà del 2019, in numerosi incontri svoltisi in rapida successione, la Vigilanza sottolinea agli esponenti aziendali la necessità di preservare la coesione nella governance in una fase particolarmente delicata per la banca. Inoltre, in vista del parziale rinnovo del cda, nel maggio 2019 la Banca d’Italia trasmette una lettera di intervento al collegio sindacale e al cda per sottolineare la necessità di inserire nel Cda elementi dotati di autorevolezza, reputazione e adeguati requisiti di esperienza. Il cda registra un parziale rinnovo a fine luglio 2019. Il 18 giugno 2019 vengono avviati presso la capogruppo accertamenti ispettivi di vigilanza a spettro esteso”, si legge.
TRA IL FITD E GLI ESUBERI
C’è però un terzo aspetto, che riguarda quel Fondo Interbancario chiamato a soccorrere la banca insieme al Mediocredito centrale. Nell’ipotesi in cui si dovesse pervenire a uno scenario con rimborso dei depositanti della Popolare di Bari il Fitd dovrebbe effettuare rimborsi a favore dei depositanti protetti per un importo complessivo di euro 4,5 miliardi circa, a fronte di una dotazione finanziaria che a dicembre 2019 sarà pari a 1,7 miliardi di euro”, scrive Via Nazionale nella sua relazione. Nel documento rileva Palazzo Koch che gli impatti occupazionali di un’eventuale cessazione dell’attività della Popolare di Bari sarebbero “rilevanti” i circa 2.700 esuberi “difficilmente assorbibili dalla debole economia locale”.