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Mattarella cita Moro e spiega che il futuro è ora

Ancora una volta, in un momento di estrema difficoltà del Paese, il pensiero di Aldo Moro viene evocato per invitare le forze politiche, assai litigiose e preoccupate per acquisire consenso esclusivamente nella fase contingente, a preoccuparsi del bene comune. È accaduto ieri pomeriggio, nel salone dei corazzieri al palazzo del Quirinale,quando il Presidente della Repubblica si è rivolto ai rappresentanti delle istituzioni, dei partiti,dei sindacati e della società civile per il tradizionale scambio di auguri alla vigilia delle festività natalizie.

“Non è importante che pensiamo le stesse cose – ha ricordato Sergio Mattarella – usando le parole dello statista democristiano assassinato dalle Brigate Rosse il 9 maggio del 1978- mentre è di straordinaria importanza la comune accettazione delle ragioni di libertà,rispetto, dialogo”.

Molti addetti ai lavori hanno interpretato questo riferimento come un auspicio presidenziale ad un “governissimo” con dentro gran parte dei partiti politici presenti in Parlamento, nel caso l’attuale esecutivo, guidato da Giuseppe Conte, dovesse cadere nei primi mesi del prossimo anno. La presenza dell’ex presidente della Bce, Mario Draghi, presente in quella sala dell’alto colle e salutato calorosamente dal capo dello Stato, ha finito per accreditare ancor di più il senso che i media hanno dato degli auguri quirinalizi.

In effetti, il presidente Mattarella non ha citato un discorso di Aldo Moro, ma un suo articolo pubblicato su un quotidiano nazionale. Per essere precisi, si tratta di un “fondo” apparso su Il Giorno del 10 aprile 1977, alla vigilia della Pasqua: il presidente della Dc, che collaborava da anni al giornale diretto da Gaetano Afeltra, scriveva per reagire alle difficoltà di quel momento (“lo squallido spettacolo della violenza, sempre meno episodico…”) e rilanciare l’ impegno per ristabilire le basi della convivenza civile in una prospettiva di speranza e di salvezza. “La Pasqua – si legge in quell’articolo – evoca la redenzione dell’uomo, che è in fondo la meta di ogni sforzo morale e di ogni impegno politico… È un giorno di gioia, perché la salvezza è alla nostra portata. Ma è anche un giorno di preoccupazione, di critica e di ripensamento nel raffronto tra l’enorme possibilità offerta e il ritardo, la limitatezza, la precarietà di ogni c o n q u i s t a umana; tra il bene dell’armonia e della pace, il quale contrassegna la pienezza della vita, e la realtà delle divisioni che separano l’uomo dall’uomo e lacerano il mondo”.

Da questa riflessione religiosa, Moro traeva quasi le linee di un programma di “bene comune” e del modo per attuarli. Ed ecco, subito dopo i quel pezzo, le parole citate in parte da Mattarella: “Non è importante che pensiamo le stesse cose, che immaginiamo e speriamo lo stesso identico destino; ma è invece straordinariamente importante che, ferma la fede di ciascuno nel proprio originale contributo per la salvezza dell’uomo e del mondo, tutti abbiano il proprio libero respiro, tutti il
proprio spazio intangibile, nel quale vivere la propria esperienza di rinnovamento e di verità, tutti collegati l’uno all’altro nella comune accettazione di essenziali ragioni di libertà, di rispetto e di dialogo. La pace civile corrisponde puntualmente a questa grande vicenda del libero progresso umano, nella quale rispetto e riconoscimento emergono spontanei, mentre si lavora, ciascuno a proprio modo, a escludere cose mediocri per fare posto a cose grandi”.

Quando uscì quell’articolo, Aldo Moro era con tutta la famiglia nella casa di Torrita Tiberina. C’era con lui anche il suo primo nipote, Luca Bonini, che gli aveva fatto tornare la voglia di far politica e di spendersi nuovamente a favore della comunità nazionale. Quelle furono le ultime festività pasquali trascorse con i suoi cari. Quelle successive le avrebbe passate in una cosiddetta “prigione del popolo”, in uno spazio ristretto in cui sarebbe uscito solo per morire. Eppure, anche in quello stato Moro riuscì ad esercitare un’azione di libertà, rispetto e dialogo fino a coinvolgere i suoi carcerieri, ma non riuscendo, purtroppo, a salvare la sua preziosa vita.

Il Presidente Sergio Mattarella ricordando il pensiero moroteo ha solo voluto affermare che il Paese deve saper guardare al futuro fin da subito, nella consapevolezza che non può esserci futuro senza memoria. Solo questo. Tutti i ragionamenti su “governissimo” e cose simili sono un’altra storia.

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