Il governo deve ripartire da sinistra, e il Movimento 5 Stelle dovrebbe rendersene conto. Lo pensa Domenico De Masi, sociologo, ideatore del Reddito di Cittadinanza che però ha deciso di non farsi intrappolare da dinamiche di partito – o Movimento – scegliendo invece di collaborare con forze politiche o sindacati, così come istituzioni, nel momento in cui viene interpellato. Il professore ha da sempre sposato la linea di un’alleanza di M5S con il Partito democratico, e ai tempi dell’alleanza con la Lega aveva duramente criticato la scelta di Luigi Di Maio. Ora, terminato il Conte I, si è passati al Conte II e il Movimento ha perso nel frattempo una buona parte dei suoi consensi e della sua coesione interna, a cui Luigi Di Maio prova a porre rimedio con una nuova riorganizzazione interna: Team del futuro e Facilitatori.
Professore, cosa pensa della riorganizzazione del Movimento?
Credo che sia un po’ troppo tardi. Mi spiego meglio: è vero che non è mai troppo tardi, però il passaggio di un movimento che si trasforma in partito fa una metamorfosi profondissima. Una cosa è un movimento che fa agitazione di piazza, un’altra è un partito che deve costruire uno Stato. Si tratta proprio di una rivoluzione mentale, e la fase di passaggio da movimento a istituzione è talmente delicata che molti movimenti non ce la fanno e muoiono per strada.
Come sta succedendo a M5S?
M5S ha perso per strada metà dei consensi, questo dimostra quanto difficile sia la fase che sta attraversando. Occorrerebbe un leader di grandissima qualità dedicato totalmente a questo, mentre il Movimento 5 Stelle ha perso Casaleggio padre, Grillo si è tirato indietro e Di Maio ha fatto quattro cose contemporaneamente per cui nel migliore dei casi ha dedicato al Movimento il 25% delle sue energie. Le dico la verità, mi meraviglio che con queste premesse il Movimento ancora tenga percentuali di consenso così alte.
Il ritorno di Grillo a Roma, l’incontro con i gruppi parlamentari, come può essere interpretato?
Grillo ha preso atto del fatto che in questo passaggio da movimento a istituzione una parte del Movimento non segue il processo, neppure tra i deputati e i senatori, è indeciso tra un animo movimentista e l’assunzione di responsabilità istituzionali. Si vede che ha capito che occorreva un aiuto in più, come quando ha determinato l’appoggio di M5S al governo di sinistra, dopo che era stato per un anno con la destra. Lì fu Grillo a convincerli, altrimenti Rousseau avrebbe dato un risultato diverso. L’entrare in gioco di Grillo in queste situazioni nodali mostra come si renda conto che il Movimento senza un sostegno dall’alto non ce la fa.
Secondo un retroscena del Corriere, lo stesso Grillo avrebbe detto che se questo governo cade e si ritorna al voto, il Movimento “è già bello che morto”…
Nel Movimento ci sono 4 divisioni interne: chi vuole ancora essere movimento e chi vuole invece acquisire responsabilità di governo. Poi ci sono quelli che tendono più a destra e quelli che tendono più a sinistra. Ci sono quindi quattro posizioni e altrettante sollecitazioni ed è chiaro che sia più difficile, rispetto ad altri partiti, riuscire a trovare una unione di intenti. Dopo questa fase delicata di approvazione della manovra finanziaria, il governo Pd-5 Stelle può lavorare su altri temi senza l’urgenza che invece la finanziaria imponeva.
Conte, Di Maio e Zingaretti parlano di un nuovo incontro a gennaio per scegliere le priorità. L’esecutivo, quindi andrà avanti?
Credo che ci siano margini per un programma costruttivo e lo dimostra già oggi quello che sta facendo quello che ritengo il migliore dei ministri, quello più a sinistra, ossia Roberto Speranza. Lui è riuscito a riportare alla ragione il mondo sanitario, dopo che per anni, da Berlusconi in poi, è stato sempre depauperato. La nostra Sanità, che è un modello per tutta Europa, era stata svuotata nel corso degli anni da provvedimenti neoliberisti, mentre oggi si legge sui giornali del Piano Marshall per la sanità. Speranza è riuscito a farlo senza andare in televisione e senza fare annunci. Ecco, è da qui che si può ripartire.
Le difficoltà nella maggioranza, però, sono evidenti. Il rischio che cada tutto potrebbe esserci…
Più del Movimento 5 Stelle, a mettere a rischio questo esecutivo è Matteo Renzi. M5S con tutto quello che abbiamo detto prima ha perso 4 persone che andranno alla Lega (che li considererà dei traditori, non avranno ruoli importanti). Portare a termine il governo conviene a tutti loro, che salvano il posto di lavoro, tra le altre cose… Poi è chiaro che basta un colpo di testa di Renzi per cambiare tutto.
Con Salvini?
A Salvini converrebbe fare un governo con Renzi e non con Meloni, perché potrebbe dire che è un governo di centrodestra e non di destra e Renzi questo lo sa bene. Si è parlato di contatti con Salvini e di una cena fatta assieme…
Smentita da entrambi, però.
L’avranno fatta i loro segretari (ride).
Passando alla piazza, invece, pensa che le Sardine possano ricordare il Movimento 5 Stelle degli albori?
Le Sardine allo stato attuale sono un movimento allo stato puro. Non c’è nessuna inflessione istituzionale. Possono essere paragonate a quando, sempre a piazza Maggiore, ci fu il famoso Vaffa-Day di Grillo, che nasceva sull’onda del libro “La Casta” in cui tutto ciò che era governo faceva schifo e tutti erano ladri e incapaci. Le Sardine invece nascono sull’idea che questo governo va bene, ma deve fare cose concrete.
Hanno uno spirito diverso, insomma.
Sì. I movimento sono acefali, non hanno programmi o agende precise. Le faccio un esempio: i tifosi che vanno allo stadio possono essere di due tipi. Chi va alla partita la domenica con i propri figli, e sono un movimento, mentre la tifoseria organizzata sono l’istituzione: hanno la sede, la parola d’ordine. In uno stesso stadio convivono un movimento e un’istituzione. L’istituzione è come un mattone, il movimento un mucchio di sabbia.
Il Movimento 5 Stelle è mattone o sabbia?
Il Movimento sta cercando di diventare mattone, ancora non è sicuro che ci riesca.