Recep Tayyip Erdogan non si ferma e non pago di aver preso, con fin troppa decisione, in mano le redini della situazione in Libia, con danno in primo luogo dell’Italia, adesso sembra sempre più determinato a fare esporre un altro Paese chiave per i futuri equilibri del Mediterraneo: la Russia.
Un primo approccio c’è già stato e sembra che alla Turchia non sia andata particolarmente bene: Erdogan infatti ha cercato di convincere il presidente russo, Vladimir Putin, a prendere le parti di al-Serraj, voltando anche lui le spalle al generale Haftar. Ma il Cremlino di mosse così definitive non ne vuole sentire e, al contrario, continua a dirsi favorevole a una mediazione diplomatica tramite la quale venga raggiunto un accordo fra le due parti.
La minaccia, sempre più concreta, da parte della Turchia, di inviare armi e soldati a Tripoli, contrasta quindi con i piani di Mosca, tanto che, in questi giorni, Erdogan e Putin, tramite i loro advisors, si stanno sentendo molto spesso.
Gli occhi sono puntati sul vertice di Sochi del prossimo 8 gennaio, quando Erdogan volerà sul Mar Nero per parlare del futuro del Paese. Per il presidente russo non si tratta affatto di una situazione facile. Putin è molto infastidito dall’esuberanza dell’alleato turco, che cerca sempre di più di espandere la sua influenza mettendo più di una volta in pericolo gli interessi di Mosca.
E così, dopo la Siria, dove la Turchia ha di fatto creato un protettorato nel nord del Paese ai danni dei curdi, adesso è la volta della Libia. La posta in gioco, però, stavolta è per certi versi più alta. Per prima cosa, questa volta è Erdogan ad aver sparigliato le carte con la firma dell’accordo con Tripoli per la creazione di un corridoio marittimo e la disponibilità di invio di armi a Tripoli.
Putin ha la Turchia come partner in alcuni importanti progetti energetici come il Turkish Stream e la costruzione della prima centrale nucleare russa. Non va poi dimenticato che c’è anche ancora in piedi la seconda fornitura di missili, che potrebbero essere di nuovo gli S-400 con una parte costruita proprio in Turchia, ai quali si potrebbero affiancare anche i caccia da combattimento.
La Turchia, insomma, è un Paese molto scomodo, ma anche troppo utile con cui litigare. L’ipotesi più probabile è che i due scendano a patti, in una spartizione del Paese che, idealmente assegnerebbe la Tripolitania ad Ankara e la Cirenaica alla Russia, con tutto quello che ne deriva, dagli appalti per la ricostruzione alle fonti energetiche.
Una Russia che si affaccerà con ancora convinzione sul Mediterraneo e una Turchia che in Libia potrà aiutare soprattutto le tribù vicine ai Fratelli Musulmani, in un Paese chiave per la stabilità dell’area, da cui l’Italia sta praticamente sparendo e dove nazioni come la Francia e l’Egitto potranno fare ben poco per ostacolare questo assetto.