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La storia di chi ha sconfitto le Brigate Rosse in un libro di Emiliano Arrigo

La produzione e la divulgazione di letteratura – sia scientifica che divulgativa – sull’Intelligence, intesa sia come generale attività di informazione e sicurezza dello Stato, sia più specificamente come Servizio segreto nazionale ha, in Italia, trovato scarso sviluppo e successo se non in tempi recenti.

Mentre la produzione narrativa militare ha saputo ritagliarsi nel tempo una sua nicchia sia nel contesto accademico che nel mercato editoriale – sebbene con dimensioni modeste, nonostante la presenza di autori di primissimo ordine – lo studio degli apparati di informazione e sicurezza e dell’antiterrorismo, delle loro metodologie e delle vicende personali di chi ha servito lo Stato è invece stato pressoché ignorato.

Emiliano Arrigo, giornalista esperto di affari militari e della comunicazione istituzionale della Difesa, racconta nel suo “Il coraggio tra le mani” (Historica Edizioni), unendo in un unico mosaico, i ricordi del catanese Enzo “Nero” Magrì, uno degli “invisibili” senza divisa e senza nome della Squadra Speciale Anticrimine di Roma impegnati nel contrasto al terrorismo delle Brigate Rosse.

Nel libro, gli “invisibili” vengono raccontati come storie attorno la grande Storia, colmando una lacuna di spaccati biografici spesso dimenticati, se non nelle cronache quando qualcuno di loro perde la vita.
Emerge dal libro un quadro di anni convulsi a partire da un dato storico incontrovertibile: il terrorismo, al suo esordio, spiazzò le forze dell’ordine, abituate a contrastare una criminalità spicciola in ambito locale e a indagare su piccola scala per singoli reati.

Con l’operato del generale dalla Chiesa avviene la rivoluzione copernicana nel modus operandi dell’antiterrorismo: c’è un nuovo approccio culturale e operativo nella conduzione delle attività di contrasto e repressione di fenomeni criminali complessi, quali il terrorismo prima e la mafia poi.

In Italia venne introdotto un modello investigativo nuovo, con caratteristiche di agilità e flessibilità, capace di conoscere, analizzare e prevedere il nemico e le sue azioni. Il generale Dalla Chiesa avvia la costruzione di una intelligence a livello centrale in grado di raccogliere i fatti dispersi, analizzarli per definire le linee di contrasto secondo una strategia unitaria efficacissima.

Come scrive Mario Mori nella prefazione: “dalla Chiesa comprese che era assolutamente necessario creare una struttura a sé stante, costituita da “investigatori nuovi”, che a una formazione professionale adeguata, potessero aggiungere esuberanza e freschezza operativa, perché integrati nella cultura giovanile dell’epoca; lo stesso ceppo quindi da cui originavano gli esponenti delle formazioni eversive, sia di destra che di sinistra. Certamente una tipologia di militari dell’Arma un po’ fuori dai canoni tradizionali.”

Seppur le forme del terrorismo nazionale siano ormai minoritarie, relegate soprattutto ai circuiti anarco-insurrezionalisti e a quelli marxisti-leninisti, l’esperienza
degli operativi come “Nero” – ancora legati dai suggestivi soprannomi utilizzati per depistare la “contro-intelligence” brigatisti – rappresenta ancora un punto di riferimento per le sperimentazioni sul campo.
Proprio mentre si riaprono forme di proselitismo verso il terrorismo brigatista, con spazi mediatici enormi, il libro rende omaggio a chi, in silenzio, ha protetto e difeso lo Stato.


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