Agenzia Nova rilancia per prima un notizia che potrebbe essere preziosa per la situazione in Libia: il portavoce del centro media delle forze che sostengono il Governo di accordo nazionale (Gna) ha rivelato che i contractor russi si sono “ritirati dalle prime linee del fronte a Tripoli e non li vediamo da due giorni”. I russi sono il contingente – teoricamente discreto e clandestino – con cui Mosca dà sostegno al signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar, che da nove mesi sta cercando di conquistare Tripoli, rovesciare il Gna promosso dall’Onu e intestarsi il paese come nuovo rais.
Va fatta un precisazione: al netto degli intenti propagandistici, è lo stesso portavoce ad ammettere che “non sappiamo” il motivo di questa ritirata, e dunque potrebbe essere anche semplicemente una questione tattica riorganizzativa. I contractor russi sono un elemento che al Cremlino ha portato un grosso dividendo politico con un minimo sforzo. La Russia è adesso percepita come un player centrale in Libia, nonostante sia presente con meno di un migliaio di uomini – o forse ancora di meno, poche centinaia. Professionisti appartenenti a una società molti vicina al Cremlino, in grado di cambiare l’inerzia dei combattimenti, ma che a Mosca non sono nemmeno completamente condivisi: c’è il lato politico più distante dalla Difesa e più vicino agli Esteri che contesta in toto l’avanzata di Haftar. Ma anche in questo caso, come in quello della ritirata, non è chiaro comprendere se sia una tattica o meno.
Tuttavia la notizia è interessante perché ha un abbinamento temporale. Oggi il parlamento turco con ogni probabilità darà l’avallo a un mozione con cui il governo intende autorizzare l’invio di un contingente ufficiale in Libia a sostegno delle forze di Tripoli che si oppongono all’offensiva di Haftar. Si scrive “ufficiale” per due ragioni: primo, unità speciali turche sono da molto tempo presenti sul suolo libico, ma hanno un ruolo più discreto (sebbene non è detto che sia meno influente) dell’eventuale invio di un contingente regolare, dichiarato e sponsorizzato; secondo, in questi giorni la Turchia ha già mosso alcuni miliziani appartenenti ai gruppi satellite anti-assadisti dalla Siria alla Libia, e questi che dovrebbero essere la carne da cannone che compie in modo clandestino il lavoro sporco per Ankara si sono fotografati con alle spalle i cargo dell’aviazione turca e condiviso le foto di viaggio sui social, diventando uno schieramento ufficioso.
La coincidenza temporale può far dunque pensare a un doppio elemento dietro all’apparente ritiro dei russi. Mosca ha ordinato ai proprio uomini di evitare rischi e togliere le tende davanti alla possibilità che dalla Turchia arrivi un contingente pronto a cancellare Haftar? Ancora: si scrive “possibilità” perché anche ieri da Ankara sono state fatte circolare dichiarazioni circospette sull’invio del contingente, che sarà certamente approvato ma potrebbe anche restare momentaneamente fermo come carta negoziale. E qui arriva la lettura dell’apparente mossa russa. Mosca potrebbe aver ottenuto quanto richiesto dalla strategia: essere entrata di peso in Libia (con sforzo minimo, anche perché non ha energie per gestire il fronte libico insieme a quello siriano e ucraino) e gestire il dossier insieme alla Turchia.
Una riproposizione di uno schema già visto in Siria che alla Russia potrebbe portare il controllo parziale su un altro quadrante – con interessi soprattutto in Cirenaica dove si muovono alleati di calibro come l’Egitto, che si è detto pronto a inviare carri armati per sostenere Haftar, o gli Emirati Arabi, che già forniscono la copertura aerea alla campagna per Tripoli; paesi con cui Mosca ha interesse a mantenere ottimi gli equilibri. Per la Turchia il tornaconto sarebbe l’allargamento delle proprie sfere di influenza su un’area del Mediterraneo, quella orientale: cortile di casa dal quale rischia di essere tagliata fuori per via di uno schema geopolitico che vede compatti Egitto, Cipro, Grecia (e Israele). Nei giorni scorsi il ministro dell’Energia turco ha fatto sapere che sono in discussione esplorazioni per la ricerca di idrocarburi al largo della Libia, secondo un accordo di cooperazione sulle Zone economiche esclusive deciso da Ankara e Tripoli – accordo firmato nello stesso giorno dell’altro in cui la Turchia ha garantito l’aiuto militare al governo libico.